Sul quotidiano “Alto Adige” del 22 ottobre 2008 un articolo di Carla Spiller nella pagina della cultura sul liceo bilingue tedesco-italiano di Frankfurt am Main «Freiherr vom Stein», dove insegna l’altoatesino Luigi D’ambrosio. Di particolare interesse è il fatto che una sezione della scuola consentirà agli alunni di ottenere un doppia maturità, una maturità italiana ed una maturità tedesca, titolo di studio riconosciuto sia nell’ordinamento scolastico italiano che nell’ordinamento scolastico germanico a titolo originario.
Vedi anche
http://freiherr-vom-stein.de/contenido-4.6.8.4/cms/front_content.php?idcat=128&idart=772
http://www.fr-online.de/frankfurt_und_hessen/nachrichten/frankfurt/1601777_Italienisches-Abitur-ab-2010.html
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In Alto Adige, malgrado il grande fermento sui temi dell’insegnamento, la scuola bilingue rimane un obiettivo lontano. Non si sa ancora, nonostante le pressioni, se e quando vedrà la luce un progetto di scuola autenticamente bilingue. Nel frattempo abbiamo chiesto un’opinione a chi questa esperienza la sta vivendo concretamente. L’altoatesino Luigi D’ambrosio, docente di ruolo di italiano seconda lingua (L2) della scuola in lingua tedesca, insegna da circa un anno al liceo bilingue tedesco-italiano di Francoforte «Freiherr vom Stein», dopo aver superato una selezione a Roma. A lui abbiamo posto alcune domande. Com’è strutturata la scuola dove insegna, il liceo bilingue Freiherr vom Stein di Francoforte? «Si tratta di un ginnasio che parte con la quinta classe e arriva fino alla tredicesima, ma dall’anno prossimo la maturità si effettuerà al termine della dodicesima classe. È composta di tre sezioni ed una sezione permette ai ragazzi di ottenere un doppio titolo di studio italiano-tedesco, cioè una maturità italiana ed una maturità tedesca, con eguale voto, con materie di esame che vengono discusse in queste settimane da due commissioni che si occupano di definire gli aspetti tecnici dell’esame. Le materie di maturità saranno probabilmente italiano e storia in italiano, oltre a tutte le materie in tedesco». Come è organizzato nella pratica l’insegnamento nelle due lingue? «È organizzato in modo molto interessante. Nelle materie linguistiche di L1 (lingua uno) italiano e tedesco vengono svolte lezioni sia da insegnanti da soli sia da insegnanti in «Doppelbesetzung» (compresenza), che definiscono gli ambiti del loro intervento educativo, concordano i programmi da svolgere nell’una e nell’altra lingua e programmano insieme le verifiche. Ognuno dei due insegnanti parla nella sua lingua durante la lezione, nel corso della quale non si creano particolari problemi di confusione e sovrapposizione. I ragazzi sono particolarmente soddisfatti di questo tipo di lezione. Anche la storia viene insegnata con il sistema della co-presenza. Ci abbiamo provato l’anno scorso e l’esperimento è andato abbastanza bene. Altre materie vengono svolte o in italiano o in tedesco: la geografia ad esempio o semestralmente in italiano e in tedesco o annualmente in una delle due lingue». E i programmi come sono? «I programmi sono per certe materie quelli del Land Essen, per altre, come l’italiano ed il tedesco, abbiamo un percorso didattico che viene aggiornato costantemente da noi insegnanti della scuola, naturalmente con l’«imprimatur» del Land Essen e dell’Italia. Favoriamo in ogni modo il tandem ed il lavoro di gruppo, affinchè ragazzi di livello linguistico diverso si esercitino il più possibile». Che tipo di utenza frequenta il Liceo «Freiherr vom Stein»? «Naturalmente ci sono figli di genitori con cittadinanza italiana, quasi tutti di terza generazione che a casa parlano soprattutto il tedesco, figli di italiani arrivati da poco e figli di coppie plurilingui - chiamarli mistilingui non mi sembra simpatico - all’interno delle quali un genitore ha la cittadinanza italiana e l’altro la cittadinanza tedesca. La nostra scuola è comunque frequentata anche da ragazzi con genitori entrambi di madrelingua tedesca. Infine ci sono molti ragazzi stranieri che vengono dall’Africa, dall’Oriente, dal Giappone. Un’utenza variegata in una scuola che raccoglie la gran parte delle nazionalità del mondo, considerando che Francoforte è una città in cui oltre la metà della popolazione non è tedesca». Il modello di scuola plurilingue di Francoforte sarebbe importabile in Alto Adige? «Secondo me sì, soprattutto perché in Alto Adige non ci sarebbero i problemi e le differenze che esistono in Germania riguardo alla formazione di base degli insegnanti. L’Italia paga tre insegnanti nel ginnasio e cinque nella scuola elementare «Freiherr vom Stein», che possiedono naturalmente una formazione culturale, linguistica, pedagogica e didattica diversa rispetto ai colleghi tedeschi. In provincia di Bolzano, malgrado molti insegnanti di made lingua tedesca si siano formati in università estere, esistono valori contenutistici più compatibili. E poi l’aspetto linguistico non è secondario: i miei colleghi della scuola tedesca in Alto Adige parlano l’italiano meglio mediamente di quanto non lo parlino i miei colleghi di tedesco in Germania. Lo stesso discorso vale anche per i colleghi italiani qui e in Germania. Inoltre a Bolzano i soldi e le strutture non mancano, la flessibilità che viene data dall’autonomia permetterebbe anche di creare dei programmi ad hoc per ogni singola scuola». Quali potrebbero essere le controindicazioni? «Francamente non vedo particolari controindicazioni. Naturalmente, ed è l’elemento più importante, le due lingue devono essere considerate a livello paritario, non ci può essere una lingua che è superiore o più importante dell’altra. Chi pensa di mandare i propri figli in una scuola bilingue perché diventino tedeschi, dovrebbe mandarli in una scuola tedesca tradizionale. Alla stessa maniera dovrebbero comportarsi coloro che vorrebbero educare la propria prole «all’italiana». È una scuola che dovrebbe frequentare chi ci crede, chi è convinto, solo allora funzionerebbe». Quali sono le conseguenze di una formazione plurilingue sullo sviluppo e la crescita psicologica e intellettuale dei ragazzi ai quali viene impartita? «Innanzitutto io direi che sono ragazzi come tutti gli altri, non c’è una particolare differenza. Alcuni colleghi conservatori li definiscono particolarmente vivaci anche dal punto di vista del comportamento. In realtà, in base a quello che sento anche da mia figlia, che frequenta la scuola dove io lavoro, non è così. Hanno una discreta flessibilità, riescono ad orientarsi e a muoversi nel mondo in modo molto più autonomo rispetto ai coetanei che vivono in ambienti culturalmente stagni. I risultati che abbiamo sono positivi: sono ragazzi flessibili, dinamici e aperti al mondo. Sicuramente nelle mie classi non ho mai sentito discorsi strani su razza, cultura, educazione, xenofobia. Per loro l’identità è un fatto particolare: si sentono cittadini del mondo, sanno di possedere due-tre lingue e cercano di realizzare nella loro vita quotidiana un’esistenza che sia il più possibile rispettosa degli altri». Come si inserisce questa struttura didattica nella più generale organizzazione del sistema scolastico tedesco? «Ci sono vari esperimenti bilingui in Germania. Ma l’unica scuola in cui l’italiano assume il ruolo di lingua madre al pari della lingua tedesca e che ha come punto di approdo una maturità in due lingue, è il ginnasio «Freiherr vom Stein». Non ci sono altre strutture del genere in Germania. Noi siamo dei pionieri, navighiamo in un mondo didattico in cui non abbiamo tanti confronti. Li abbiamo per altri esperimenti, per altre lingue, ma la nostra scuola è un modello unico. Cerchiamo di diffondere l’interesse per la nostra scuola anche all’interno del mondo scientifico tedesco, facendo in modo che venga conosciuta il più possibile, attraverso articoli, tesi di laurea e dottorati di ricerca».
Carla Spiller