Archive for the 'La Politica' Category

Lo sconto sul patentino

Domenica, Agosto 31st, 2008

Alex Janes

Alex Janes, dirigente di Alleanza nazionale di Bolzano, non ha certo fretta di vedere il patentino equiparato alle certificazioni europee. Si augura, al contrario,  che la proposta di norma di attuazione della Commissione dei Sei venga cancellata e ridisegnata interamente. Almeno cosi’ da alcune sue dichiarazioni al quotidiano Alto Adige di oggi.

Janes afferma che invece di superare il monopolio provinciale sul patentino, la norma di attuazione sull’equipollenza dei titoli secondo standard europei non farebbe altro che rafforzare l’esame «locale» per quanto riguarda la certificazione più alta, l’attuale A. Questo perché l’analogo C1 europeo è molto più difficile da ottenere. Trattandosi del livello di patentino che apre le porte dei ruoli dirigenziali, magistratura compresa, prosegue Janes, «non possiamo certo accettare una norma di attuazione che rischia di sbarrare le porte».

Janes nota che il patentino A richiede che il candidato sia in grado di sostenere una conversazione  argomentazioni e commenti in modo appropriato.
Il C1 a cui il patentino A verrebbe parificato,  invece, prevede che il candidato sappia utilizzare la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, professionali ed accademici, riesca a produrre testi chiari, ben dettagliati su argomenti complessi.

Ora la mia domanda è questa: per accedere ai ruoli dirigenziali, magistratura compresa, è davvero troppo pensare che il candidato sappia utilizzare la seconda lingua in modo flessibile ed efficace per scopi professionali, riesca a produrre testi chiari, ben dettagliati su argomenti complessi (come nella descrizione sintetica del certificato C1)? Davvero possiamo accontentarci di un candidato in grado soltanto di sostenere una conversazione sapendo argomentare e commentare in modo appropriato (descrizione sintetica del patentino A)?  Ancora: i testi complessi il dirigente li deve o non li deve capire anche nelle sfumature? Il dirigente deve o non deve poter scrivere con una certa precisione terminologica il testo di una circolare o di una delibera?

Se la risposta è si’, allora l’equiparazione del patentino A alla certificazione C1 è ottimale e, in aggiunta, del tutto aderente alla realtà. Altrimenti il sospetto è che  Janes, cercando di frenare con le sue dichiarazioni la norma di equiparazione proposta,  intenda in realtà portare avanti una richiesta parallela, precisamente lo sconto sul patentino, prospettiva, a mio avviso, abbastanza poco condivisibile anche sul piano della dignità professionale.

 

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Aggiornamento (7 settembre 2008): una discussione sul tema dell’equiparazione delle certificazioni linguistiche standard europee al patentino si trova qui:
http://www.gebi.bz.it/bilinguismo/?p=76

Europa e certificazioni linguistiche

Martedì, Agosto 26th, 2008

La Giunta provinciale di Bolzano ha reagito ieri all’ inerzia del governo sull’emanazione della norma di attuazione volta ad equiparare le certificazoni linguistiche europee agli esami di “patentino linguistico” oggi previsti in provincia di Bolzano.

Ecco il testo del comunicato dell’Ufficio Stampa della Provincia del 25 agosto 2008:

Commissione per il bilinguismo: Da più parti viene contestata l’esclusività dell’operato della Commissione provinciale per l’accertamento del blinguismo e per il rilascio del relativo attestato e sono stati presentati ricorsi presso la Corte di giustizia europea. La Commissione dei Sei ha già predisposto una bozza di norma di attuazione per ovviare alla situazione, ma il Governo non l’ha ancora approvata. La Giunta provinciale oggi ha incaricato il presidente Durnwalder di intervenire presso il Governo affinché approvi il testo della Commissione dei Sei o affinché provveda a nominare sollecitamente i nuovi componenti della Commissione dei Sei. Durnwalder aveva già sollecitato tale nomina in occasione del recente incontro a Falzes con il ministro per la Semplificazione legislativa Roberto Calderoli.”

Ministro competente per la questione è Raffaele Fitto

Il MInistro per i rapporti con le Regioni, Raffaele Fitto

Della proposta della Commissione dei Sei, che risale al mese di aprile 2008, abbiamo riferito qui da fonte giornalistica. Il testo completo della proposta di norma di attuazione non è rintracciabile in rete.

Progetti innovativi di insegnamento delle lingue

Sabato, Giugno 14th, 2008

Il Consiglio provinciale di Bolzano ha approvato ieri, in sede di esame del disegno di legge provinciale n 147, Obiettivi formativi generali ed ordinamento della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione un articolo (l’articolo 14) centrale dal punto di vista dell’innovazione didattica nel campo dell’insegnamento delle lingue:

Il quinto comma dell’articolo approvato, infatti , recita:

5. Data la particolare situazione linguistica in provincia di Bolzano, il primo ciclo di istruzione assicura lo studio della madrelingua tedesca o italiana, della seconda lingua nonché l’apprendimento di nozioni fondamentali della lingua inglese. Al fine di migliorare le conoscenze plurilingui delle alunne e degli alunni, le scuole possono avviare progetti innovativi di insegnamento delle lingue nel rispetto dell’articolo 19 dello Statuto di autonomia e con le indicazioni della Giunta provinciale. Nelle scuole delle località ladine vengono rafforzate e approfondite, nel quadro delle disposizioni dell’ordinamento paritetico, le competenze nelle lingue ladino, tedesco, italiano e le nozioni fondamentali nella lingua inglese.

Un report sulla discussione in aula di questo articolo si trova nelle news del Consiglio provinciale.

La discussione del disegno di legge in realtà è cominciata già mercoledi’ 11 giugno, con l’esame preliminare di alcuni ordini del giorno. Significativo, per il dibattito che ha innescato, l’ODG proposto dal gruppo Verde in Consiglio provinciale (VEDI) che intendeva impegnare la Giunta provinciale :

1. a riconoscere ampia autonomia di sperimentazione linguistica a tutte le scuole della provincia, consentendo e sostenendo i metodi di apprendimento linguistico liberamente scelti da istituti e genitori, compreso l’uso veicolare delle lingue e l’apprendimento precoce in forma ludica della seconda lingua;
2. a rendersi disponibile all’istituzione di sezioni plurilingue sul modello ladino anche al di fuori delle valli ladine ove ne sia fatta libera richiesta da parte dei genitori;
3. a creare tutti i presupposti operativi, in stretta collaborazione con le tre intendenze scolastiche e con l’università, affinché le sperimentazioni di cui ai punti 1 e 2 siano coronate da successo e vengano accompagnate da un costante sostegno operativo e scientifico.

Respinto a maggioranza, l’ordine del giorno ha visto i Verdi da soli solo sul punto 2, quello che prevedeva la possibilità di istituzione di sezioni plurilingue orientate al modello ladino in tutte le scuole della provincia. Un resoconto del dibattito e delle diverse posizione sull’odg puo’ essere visto qua.

Letto assieme al comma 5 dell’articolo 14 del DLP 147 (sopra riportato e approvato a maggioranza), quanto avvenuto probabilmente significa che le innovazioni, per le quali è previsto l’intervento della Giunta provinciale, non assomiglieranno a un sorta di estensione del modello ladino, con sezioni plurilingue per ragazzi indistintamente anche di diversa madrelingua. L’idea condivisa da tutti (con la solitaria eccezione dei Verdi) è che l’innovazione sarà un forte potenziamento dell’insegnamento delle lingue, comunque svolto all’interno delle diverse scuole monolingui.

Diverrà centrale dunque a Bolzano lo sviluppo di una fitta rete di relazioni tra le diverse scuole. La progettazione di un modello di scuola plurilingue per l’Alto Adige dovrà probabilmente evitare il ricorso a termini, come “interetnico” o “interetnicità”, ridefinendone piuttosto il significato attraverso una progettazione capace di prefigurare forti interconnessioni fra le scuole esistenti.

Integrazione, bilinguismo, economia

Martedì, Giugno 10th, 2008

Riporto brevemente alcune dichiarazioni del presidente uscente, Walter Amort, all’assemblea annuale del Wirtschaftsring, tenutasi a Bolzano il 9 giugno 2008:

«L’importanza dell’integrazione degli stranieri in questi anni è stata sottovalutata. Si poteva fare di più, anche perché la nostra economia ha bisogno degli stranieri, senza di loro non resta in piedi. La nostra società è destinata a diventare sempre più multiculturale e dobbiamo accettarlo. Non possiamo pensare di chiuderci a quello che viene da fuori, mantenere la propria lingua e le proprie tradizioni non significa dire no a tutto quello che viene dall’esterno».

E poi:

«Viviamo in una terra bilingue, ma ci sono troppo pochi altoatesini che parlano bene l’italiano e il tedesco. Su questo bisogna assolutamente migliorare, serve l’impegno di scuola e famiglie».

Le dichiarazioni sono riprese dal quotidiano Alto Adige .

Aggiornamento alle ore 19.00 del 10 giugno 2008

In Consiglio provinciale a Bolzano è stata discussa oggi una mozione di Pius Leitner, la 514/07-XIII, le cui conclusioni sono esattamente l’opposto di quelle di Walter Amort. Riprendo qui dalle News del Consiglio provinciale i punti salienti delle argomentazioni di Pius Leitner:

“Il principio della madrelingua va tutelato, opponendosi a progetti di immersione: ne è convinto il consigliere Pius Leitner (Die Freiheitlichen) che ha presentato sul tema una mozione segnalando come per aumentare le ore di italiano nelle scuole tedesche si debba diminuire le ore di tedesco o aumentare il monte ore complessivo, soluzioni entrambe impraticabili senza danneggiare i bambini. Inoltre, secondo Leitner si ignora il problema della sempre maggior presenza di bambini stranieri, il che rende fondamentale un corretto insegnamento del tedesco. L’immersione comporterebbe poi una perdita di identità. Per questo, egli ha chiesto di impegnare la Giunta provinciale a prendere le distanze da qualsiasi forma di immersione nelle scuole dell’Alto Adige, tutelare il principio della madrelingua ed adottare misure contro l’impoverimento della lingua tedesca. “Per una minoranza”, ha detto Leitner, “è fondamentale mantenere la propria identità. Non dobbiamo dimenticare che i meccanismi di tutela sono necessari proprio perché non siamo italiani, bensì tedeschi e ladini: i nostri giovani devono poter studiare bene il tedesco. Le lingue straniere sono importanti, tuttavia il principio della madrelingua non deve cadere”. Secondo il consigliere, la reclamata scuola unitaria interetnica rientrerebbe nel progetto di chi vuole l’assimilazione, ed è quindi da contrastare.” (Consiglio - 10.06.2008 12:02 (MC))

Secondo aggiornamento alle ore 20.30 dell’ 11 giugno 2008

Devo necessariamente aggiungere questa ulteriore esternazione di Pius Leitner, in Consiglio provinciale oggi, che potremmo titolare: “Il principio del bilinguismo è superato” o, in alternativa: “Sezioni pluriingue? No grazie, troppo costose”. La fonte è sempre in una news del Consiglio:

“ha preso parola anche Pius Leitner (Die Freiheitlichen), dubitando che siano sempre di più le famiglie che considerano importante il bilinguismo: “Il principio del bilinguismo è superato. Agli altoatesini di lingua tedesca, la conoscenza dell’inglese sarà più utile di quella dell’italiano: non significa che non dobbiamo imparare l’italiano, ma è evidente che nelle valli sono pochi i sudtirolesi che usano l’italiano. Io sono contrario alle sperimentazioni ed all’immersione, che ritengo un cavallo di Troia, ma non all’apprendimento delle lingue: soltanto, non bisogna dimenticare le esigenze di tutela della minoranza”. Leitner ha inoltre invitato a riflettere sui costi che comporterebbe l’istituzione di sezioni plurilingui, e per quanto riguarda le scuole dell’infanzia, ha sollecitato a non farne scuole di lingue. (MC)

Lingua, cultura e identita’

Martedì, Giugno 10th, 2008

Di una mozione presentata da Pius Leitner e discussa oggi in Consiglio provinciale a Bolzano (mozione Nr. 514/07 dal titolo: “No all’immersione – il principio della madrelingua va tutelato”), ricopio i seguenti passaggi, che in qualche modo mostrano quelli che, secondo Leitner e i Freiheitlichen, sono i rapporti fra tre termini: lingua cultura e identità.

Si legge nella mozione (respinta dal Consiglio, avendo registrato solo 4 voti a favore):

“L’identità si acquisisce attraverso la lingua, che è il tratto culturale essenziale ai fini della formazione del legame di
appartenenza a un’area culturale! Tale legame è sia il mezzo sia l’oggetto della costruzione dell’identità.
Una persona si identifica con qualcosa, in altre parole ha delle caratteristiche che ne sanciscono l’appartenenza a un determinato gruppo etnico e a una determinata cultura.
La lingua da un punto di vista culturale genera l’identità.
La formazione dell’identità è considerata una delle più importanti funzioni nel processo di sviluppo della persona, funzione collegata alla madrelingua.
L’identità è la matrice della vita di una persona.”

La mia prima impressione di fronte a tali argomenti è di una sorta di serio cortocircuito intellettuale da parte di Leitner.

In ogni caso ho controbilanciato rileggendo il Prologo all’Intervista sull’identità di Zygmunt Bauman, che ripropongo di seguito.

Scrive Bauman:

“Secondo l’antica usanza dell’Università Carlo di Praga, durante la cerimonia di conferimento delle lauree honoris causa viene suonato l’inno nazionale del paese di appartenenza del «neolaureato». Quando toccò a me ricevere quest’onore, mi chiesero di scegliere tra l’inno britannico e l’inno polacco… Beh, non trovai facile dare una risposta. La Gran Bretagna era il paese che avevo scelto e che mi aveva scelto offrendomi una cattedra quando la permanenza in Polonia, il mio paese di nascita, era diventata impossibile perché mi era stato tolto il diritto di insegnare. Laggiù, però, in Gran Bretagna, io ero un immigrato, un nuovo venuto, fino a non molto tempo fa un profugo da un paese straniero, un alieno. Poi sono diventato un cittadino britannico naturalizzato, ma quando sei un nuovo venuto puoi mai smettere di esserlo? Non avevo intenzione di passare per un inglese e né i miei studenti né i miei colleghi hanno mai avuto il minimo dubbio che fossi uno straniero, un polacco per essere esatti. Questo tacito gentlemen’s agreement ha impedito ai nostri rapporti di guastarsi: al contrario, li ha resi onesti, tranquilli e nel complesso sereni ed amichevoli.
Avrei dovuto quindi far suonare l’inno polacco? Ma anche questa scelta non aveva molto fondamento: trent’anni e passa prima della cerimonia di Praga ero stato privato della cittadinanza polacca… La mia esclusione era stata ufficiale, avviata e confermata da quel potere che aveva la facoltà di distinguere il «dentro» dal «fuori», chi apparteneva da chi no: pertanto il diritto all’inno nazionale polacco non mi competeva più…
Janina, la compagna della mia vita , ha trovato la soluzione: perché non far suonare l’inno europeo? Effettivamente , perché no? Europeo lo ero, senza dubbio, non avevo mai smesso di esserlo: ero nato in Europa, vivevo in Europa, lavoravo in Europa, pensavo europeo, mi sentivo europeo; e soprattutto, a tutt’oggi non esiste un ufficio passaporti europeo con l’autorità di emettere o rifiutare un «passaporto europeo» e perciò di conferire o negare il nostro diritto a chiamarci europei.
La nostra decisione di chiedere che venisse suonato l’inno europeo era al tempo stesso «inclusiva» ed «esclusiva»… Alludeva a un’entità che includeva i due punti di riferimento alternativi della mia identità, ma contemporaneamente annullava, come meno rilevanti o irrilevanti, le differenze tra di essi e perciò anche una possibile «scissione di identità». Rimuoveva la questione di un’identità definitiva in termini di nazionalità, quel tipo di identità che mi era stata resa inaccessibile. Anche gli struggenti versi dell’inno europeo contribuivano allo scopo: alle Menschen werden Brüder, tutti gli uomini saranno fratelli … L’immagine di «fratellanza» è la sintesi della quadratura del cerchio: differenti eppure uguali, separati ma inseparabili, indipendenti ma uniti.”

Le dichiarazioni in aula di Pius Leitner, invece, le ho riportate in questo post sul blog Mehrsprachigkeit.

Il ruolo dei genitori

Mercoledì, Maggio 21st, 2008

Ján Figel, Commissario europeo
Ján Figel Commissario Europeo (vedi foto nel contesto originale)

Dopo la chiusura del Presidente Durwalder rispetto alle proposte di Luisa Gnecchi di attivare nelle scuole materne italiane sezioni con due insegnanti, una di lingua tedesca e uan di lingua italiana, esce oggi sul quotidiano Alto Adige un’importante intervista a Ján Figel, commissario europeo all’istruzione, formazione, cultura e gioventù. Presente a Bolzano  lunedì 19 maggio 2008 come relatore principale al convegno internazionale Il ruolo delle università nell’Europa del domani, organizzato dalla Libera Università di Bolzano, Il Commissario ha sottolineato l’importanza di un apprendimento delle lingue fino dalla primissima età e il ruolo che la Commisssione europea assegna alle famiglie, che si devono attivare per l’apprendimento delle lingue dei propri figli. Secondo Figel, i genitori devono fare una riflessione seria, facendo anche pressione sulle istituzioni per ottenere quello che vogliono. La richiesta deve partire dal basso.

Ecco una parte dell’intervista condotta da Roberto Rinaldi:

In questi giorni c’è un aspro dibattito a livello politico per l’apprendimento delle lingue già dalla prima infanzia e sull’opportunità di creare negli asili sezioni miste tra italiani e tedeschi. Che giudizio ha in merito?
 «La competenza per quanto riguarda la scelta dei metodi e dei contenuti per l’apprendimento linguistico resta prerogativa nazionale o locale e non è materia della Commissione. A questo proposito, però, il nuovo trattato europeo fa riferimento al ruolo dei genitori che si devono attivare per l’apprendimento delle lingue dei propri figli. Io sono convinto che prima s’inizia a prendere contatto con l’altra lingua e meglio si apprende. La scuola materna non deve essere considerata solo come una realtà d’assistenza sociale, ma una forma di educazione dei bambini. La mia personale opinione è che è giusto far apprendere le lingue anche alle materne. Sarebbe un beneficio per tutti: italiani e tedeschi. I genitori devono fare una riflessione seria e fare pressione sulle istituzioni per ottenere quello che vogliono. La richiesta deve partire dal basso. E poi vorrei mandare un messaggio alla vostra provincia».
Dica pure…
«La gente ha paura legittime, e i politici spesso giocano con questi timori prospettando lo spettro dell’assimiliazione! Per noi, come Europa, è importante l’integrazione, la partecipazione. Serve molto impegno per creare dei talenti, anche in campo linguistico.
Integrazione non significa annullare le caratteristiche d’ogni comunità che, va da sé, devono restare specifiche. Esistono delle maggioranze e vanno rispettate le minoranze, ma queste devono cooperare insieme.
Per le comunità locali è importante educare e fornire istruzione, è un equilizzatore e integratore indispensabile della vita!».

Sezioni miste

Domenica, Maggio 18th, 2008

La proposta che Luisa Gnecchi, vicepresidente della Provincia di Bolzano e assessore competente per la scuola italiana, portera’ in Giunta provinciale domani, lunedi’ 19 maggio 2008, è anticipata brevemente in un’intervista al quotidiano Alto Adige.

Si tratta di prevedere per un certo numero di sezioni di scuola materna che l’insegnamento sia impartito nelle due lingue da due insegnanti, una di lingua italiana e una di lingua tedesca.

Ho provato a trasformare in mappa i contenuti di questa intervista, utilizzando la stessa struttura usata per l’intervista a Rita Franceschini e ne è venuto fuori questo:

Clicca per ingrandire la mappa

Ripropongo di seguito la mappa disegnata in relazione alla intervista rilasciata allo stesso giornale da Rita Franceschini e riportata qui:

Clicca per ingrandire la mappa

Il confronto puramente visivo fra le due mappe rende evidente che ci sono punti vuoti nella progettazione politica. Anche se qui si tratta del confronto fra due interviste interviste giornalistiche condotte separatamente, non di una analisi puntuale e definitiva.

Ecco il testo dell’intervista dell’Alto Adige a Luisa Gnecchi:

«C’è un solo modo per superare l’ossessione delle famiglie italiane per il tedesco: bisogna creare delle sezioni di scuola materna con una maestra italiana e una tedesca. Così si evita che, come sostiene il capogruppo della Svp Oswald Ellecosta, ci sia la corsa dei genitori italiani ad iscrivere i figli negli asili tedeschi con tutti i problemi che ciò può comportare. Ai bambini, innanzitutto». Luisa Gnecchi, vicepresidente della Provincia, vuol cogliere al volo l’occasione offertale dalla polemica scatenata dalla Svp sui nomi dei bimbi italiani iscritti agli asili tedeschi.


«Lunedì - assicura Gnecchi - affronteremo la questione in giunta. È inutile far finta che il problema non esista».
La sua proposta esattamente in cosa consiste?
«È presto detto: si tratta di estendere la sperimentazione che attualmente abbiamo solo in due sezioni di scuola materna, a Bolzano e Merano».
Come funziona?
«Semplice: c’è una maestra italiana e una tedesca che stanno con i bambini tutto il giorno. È la situazione ideale che riproduce la famiglia mista. E proprio per questo dà i risultati migliori».
Perché se questa è la soluzione ideale, non l’avete già estesa senza bisogno di attendere che il problema esplodesse?
«Primo, perché non abbiamo un numero di maestre di lingua tedesca sufficiente: sono 38 su un corpo insegnanti di 400. Secondo: non posso licenziare le maestre italiane, che sono due per sezione, per mettere quelle di lingua tedesca. Ciò, finora, ci ha imposto di accontentarci di soluzioni di compromesso, per cui negli asili abbiamo maestre tedesche che ruotano tra una sezione e l’altra».
Stando così le cose, come pensa di superare questi due ostacoli?
«La Svp sostiene che un 25%, se non addirittura di più, di bambini iscritti alle scuole tedesche sono di lingua italiana e ciò creerebbe problemi. La mia proposta è questa: ci prendiamo i bambini italiani assieme alle maestre tedesche e creiamo delle sezioni con un’insegnante italiana e una tedesca. Il vantaggio di questa soluzione è che non si perdono posti di lavoro né da una parte né dall’altra».
Le sezioni miste dove verrebbero aperte: nella scuola tedesca o italiana?
«L’offerta noi la facciamo alle famiglie italiane che iscrivono i figli alle scuole materne tedesche: e siamo certi che opteranno per la nostra soluzione. L’ubicazione delle nuove sezioni è invece un non-problema: già oggi abbiamo nello stesso edificio sezioni italiane e sezioni tedesche assieme».
I tempi: ormai se ne parlerebbe per l’anno 2009-2010.
«Assolutamente no. Si può partire già in autunno».
A livello politico c’è già l’accordo?
«Il capogruppo della Svp si è già espresso pubblicamente a favore delle sezioni con un’ insegnante italiana e una tedesca. D’accordo anche l’assessore comunale Rottensteiner».
Commentando lo studio Pisa lei ha detto che gli studenti tedeschi hanno ottenuto risultati migliori, soprattutto nelle materie scientifiche, perché gli italiani hanno troppe ore di tedesco.
«È un dato di fatto che nelle scuole italiane, dalla prima elementare all’ultimo anno di medie, si fanno sei ore alla settimana di tedesco; nelle scuole tedesche: solo un’ora in prima elementare e poi quattro di italiano. Le due ore in più di differenza sono a scapito rispettivamente delle materie scientifiche (un’ora) e di una materia a scelta delle scuole (l’altra)».
La soluzione?
«L’ossessione che i figli non imparino il tedesco, che tormenta le famiglie italiane, si supera soltanto creando delle sezioni di scuola materna, in cui i bambini dai 3 ai 5 anni - ovvero in un periodo determinante per l’apprendimento linguistico - sentano parlare indifferentemente le due lingue. Del resto negli asili nido è già così: bambini italiani e tedeschi sono assieme a maestre italiane e tedesche».

Risposte al bisogno di bi e trilinguismo

Sabato, Maggio 17th, 2008

Sulla presa di posizione di Rita Franceschini, mi giunge un comunicato dell’Ufficio stampa provinciale di Alleanza Nazionale, testo che ha il pregio di delineare con chiarezza i caratteri dell’insegnamento veicolare delle lingue.

Alessandro Urzi' al convegno

Alessandro Urzi’ con l’ospite Verena Debiasi il 2 marzo 2006 alla tavola rotonda Il bilinguismo reale fra Scuola e Società


“Plauso alla rettrice dell’Università di Bolzano Rita Franceschini e sostegno aperto ed incondizionato da parte di Alleanza nazionale all’avvio di una profonda rivoluzione del sistema scolastico provinciale con la possibilità di istituire, nell’ambito di una autonomia delle Istituzioni scolastiche che deve essere ancora riempita di contenuti e opportunità, sezioni trilingue (in italiano, tedesco e inglese) sul modello della stessa Università di Bolzano.

Lo sostiene il presidente provinciale di Alleanza nazionale Alessandro Urzì ricordando come il Centrodestra sostiene da anni la necessità di segnare un momento di rottura con lo schema rigido della formazione scolastica (includendo nel processo formativo anche il ciclo delle scuole materne) monolingue.

Il bilinguismo reale delle giovani generazioni deve essere considerato in provincia di Bolzano come lo strumento necessario e più importante per i ragazzi di oggi di affrontare le sfide nel mercato del lavoro, nella pubblica amministrazione, nell’economia, nelle relazioni sociali.

Un bilinguismo, sostiene Urzì, che può essere realizzato solo con strumenti che rendano naturale l’apprendimento della seconda lingua (non con lo strumento antico della didattica che considera la seconda lingua come una materia qualsiasi, con cui i ragazzi si confrontano solo per ottenere la sufficienza). Ciò può essere realizzato solo con quella che senza più alcun tabù può essere definita, aggiunge Urzì, una sorta di “immersione” (uso veicolare della seconda lingua) per cui materie come la geografia, la chimica, la storia o altre possano essere insegnate direttamente in lingua tedesca ed inglese (con gli opportuni ausili grammaticali), rendendole naturale strumento di comunicazione.

La società altoatesina non solo è matura, conclude il presidente provinciale di An Urzì, ma avverte come non più rinviabile il momento della creazione di questi percorsi scolastici (che nella prima fase potrebbero conoscere l’avvio in modo sistemico nell’ambito della struttura della scuola in lingua italiana, rispondendo ad una esigenza spiccatamente matura proprio in questa parte della popolazione).

Ipocrisie linguistiche

Giovedì, Maggio 15th, 2008

Trascrivo, con autorizzazione dell’autore, un ottimo intervento di Romano Viola, apparso sul quotidiano Alto Adige di oggi.

Romano Viola, giovane professore di filosofia negli anni 70
Foto tratta dal sito Merano70

«Assurdo», «una follia», «pericoloso», «discriminatorio»: questi i giudizi espressi da molti politici italiani sulla proposta della Svp di Bolzano di verificare le conoscenze di tedesco dei bambini italiani che si iscrivono in massa nelle scuole materne tedesche. Sono giudizi che non condivido. La proposta della Svp può essere discutibile da un punto di vista pedagogico. Ma risponde ad un problema assolutamente reale. Sono anni che nelle scuole materne tedesche di Bolzano aumenta il numero dei bambini italiani. Oggi in alcune sezioni sono addirittura in maggioranza. E’ davvero così sorprendente che questo possa determinare delle difficoltà?
Non è la prima volta, del resto, che la Svp solleva il problema. Lo ha già fatto pubblicamente l’assessora provinciale Kasslatter Mur nel 2002. Riporto alcune delle sue affermazioni di allora. Secondo l’assessora, nelle 16 scuole materne in lingua tedesca di Bolzano i bambini di famiglia italiana o mistilingue sarebbero stati ormai intorno al 40% (in alcune sezioni addirittura all’80%!) del totale. Questo avrebbe creato, a suo avviso, dei seri inconvenienti. Per i bambini di lingua tedesca di Bolzano, che in casa parlano per lo più in dialetto e per strada sentono parlare per lo più in italiano, la scuola materna rappresenta una tappa fondamentale per apprendere il tedesco standard. Ma questo viene reso più difficile, affermava la Kasslatter Mur, se nelle sezioni ci sono troppi bambini di lingua italiana che non capiscono il tedesco, costringendo così le insegnanti a parlare spesso in italiano.
E’ semplice onestà intellettuale riconoscere che l’assessora ha posto un problema reale. Tanto più che oggi, rispetto al 2002, il fenomeno è aumentato e in futuro potrebbe aumentare ancora. Cosa accadrebbe se un domani la percentuale dei bambini italiani nelle scuole materne tedesche salisse, poniamo, al 60 per cento? Si potrebbe ancora parlare di scuola materna in lingua tedesca?
Minimizzare o ignorare questo problema, come stanno facendo tanti politici italiani, non mi sembra corretto. Così come non mi sembra corretto liquidare come «assurda» la richiesta della Svp di Bolzano di verificare - come previsto da un precisa norma di attuazione - se l’iscrizione di un numero elevato di bambini italiani nelle scuole materne tedesche ne possa (cito testualmente dalla norma) «compromettere l’efficienza».
Occorre invece ricercare una soluzione condivisa. Oggi le condizioni per trovarla sono molto migliori che in passato. Per cominciare, la stessa Svp di Bolzano ha dichiarato il 6 maggio scorso che «non ha niente da obiettare se nelle scuole materne italiane si rende necessario percorrere nuove strade, perché vi si possa apprendere meglio la lingua tedesca». E cinque giorni dopo, il Presidente Durnwalder ha lanciato, in un’intervista sulla «Tageszeitung», la proposta di istituire sezioni sperimentali con insegnamento tutto in lingua tedesca nelle scuole materne italiane che lo richiedono. Un’altra proposta, che riguarda le scuole materne tedesche (istituire sezioni sperimentali con insegnamento bilingue dove sono presenti molti bambini italiani), è stata avanzata dall’assessora Gnecchi. Non vanno poi dimenticate le numerose sperimentazioni già presenti nelle scuole materne italiane, che possono essere ulteriormente potenziate ed estese.
La situazione, come si vede, è in movimento. L’unica strada, va ripetuto, è quella di ricercare un accordo condiviso, che parta da un riconoscimento altrettanto condiviso dell’effettiva realtà dei fatti: senza ideologismi, ipocrisie e calcoli elettorali. Penso ad un accordo fra la Svp e il Pd, naturalmente. Ma anche ad un accordo fra il Pd e il Pdl. Dopo tutto, se c’è un tema tipicamente «bipartisan», questo è proprio quello della scuola. Non sarebbe allora il caso che i politici di questi due partiti cominciassero finalmente a discutere, prima fra di loro e poi con la Svp, su come costruire una soluzione concordata che tenga conto delle diverse, specifiche esigenze che sono tipiche della scuola materna in lingua tedesca e di quella in lingua italiana?

Romano Viola

Certificazioni linguistiche

Venerdì, Aprile 25th, 2008

Di oggi la notizia che la Comissione dei Sei ha licenziato la norma di attuazione in materia di equiparazione delle certificazioni europee ai vari gradi di patentino. Si tratta di un risultato importante, soprattutto perché a Bolzano si introducono criteri efficaci nell’ accertamento linguistico.

Corrispondenza patentino - certificazioni europee
clicca qui per ingrandire l’immagine

Il patentino in uso a Bolzano è meno attendibile come certificazione linguistica rispetto agli esami condotti secondo il quadro europeo delle lingue.

Tentando un un sommario confronto tra i due tipi di esame vediamo che il patentino di Bolzano prevede due prove scritte e una prova orale. Nelle prove scritte i candidati devono rispondere in italiano a sei domande formulate in tedesco e relative a un testo in lingua tedesca, e in tedesco a sei domande formulate in italiano e relative a un testo in lingua italiana. Nella prova orale i candidati devono dimostrare la propria capacità comunicativa in conversazioni di tipo quotidiano e professionale. Il tutto diversificato a seconda delle varie carriere (A,B,C,D).
Molto piu’ elevato invece il livello di un esame condotto secondo le direttive europee. Per esempio l’esame corrispondente al patentino A (l’europeo C1) si articola cosi’: il candidato deve comprendere un’ampia gamma di testi complessi e lunghi sapendone riconoscere il significato implicito; deve esprimersi con scioltezza e naturalezza; deve usare la lingua in modo flessibile ed efficace per scopi sociali, professionali e accademici; deve riuscire a produrre testi chiari, ben costruiti, dettagliati su argomenti complessi, mostrando un sicuro controllo della struttura testuale, dei connettori e degli elementi di coesione.
Si vede anche solo da questo breve confronto che negli esami europei vengono testate tutte le abilità linguistiche, quelle ricettive, di ascolto e lettura, e quelle produttive, orali e scritte. Si tratta dunque di esami completi ed efficaci dal punto di vista della certificazione. Nel patentino in uso a Bolzano questo non accade. Piuttosto il candidato deve dimostrare una sola abilità fondamentale, quella di comprendere un testo in una lingua e renderne conto in un’altra.
Alla base del patentino a Bolzano sta l’idea che il bilinguismo sia capacità di tradurre, alla base delle certificazioni europee stanno invece tutte le abilità in una lingua.

Questa sarebbe di per sé una considerazione sufficiente a mandare tranquillamente in pensione il vecchio patentino, che si dimostra obsoleto. Invece il vecchio sistema resta ad affiancare il nuovo.

Difficilissimo da superare, estremamente selettivo, vero scoglio (talora incubo) per i cittadini dell’Alto Adige da decenni, il patentino di Bolzano mostra, se confrontato con il sistema europeo di prossima adozione in provincia, di essere inidoneo ad accertare le reali competenze linguistiche. Nel contempo si rivela causa dell’effetto opposto, cioè del demotivare le persone attraverso continue e ripetute bocciature, vere e proprie dichiarazioni di inadeguatezza. L’idea di un bilinguismo irraggiungibile si è diffusa a Bolzano anche come effetto di un patentino dal carattere punitivo e irreale.

In ogni caso sul piano politico c’e’ chi lamenta che la norma di attuazione della Commissione dei sei avrebbe omesso il vero punto della questione e cioè l’assolvimento del patentino attraverso l’esame di maturità.

Su questo sono in totale disaccordo, soprattutto perché l’insegnamento delle lingue a scuola oggi non dà alcuna garanzia di una adeguata conoscenza delle lingue stesse dal punto di vista della futura professione. Si potrebbe ipotizzare una corrispondenza del genere solo al termine di una scuola bilingue, oggi forse solo dopo aver frequentato le scuole delle località ladine e, un domani, dopo aver frequentato una vera scuola ad “immersione”.

Tuttavia le scuole possono dare egualmente un contributo concreto anche da subito.

Una scuola, in rete con altre scuole, potrebbe ad esempio diventare sede di certificazione internazionale, offrendo agli studenti ed anche agli adulti la possibilità di sostenere tutte le prove di certificazione linguistica europea, valutate da commissioni esterne. A supporto, la scuola potrebbe offrire percorsi extrascolastici e opzionali di preparazione all’esame aperti anche agli adulti, operando in questo senso nel campo dell’educazione permanente.
L’idea che l’apprendimento linguistico sia soprattutto una questione di apprendimento lungo tutto l’arco della vita è stata finora del tutto trascurata Bolzano. Il vecchio patentino è stato costruito avendo in mente una sorta di “bilinguismo puntuale”, secondo il quale a un certo punto della propria vita il cittadino, superando un esame difficile, diventerebbe bilingue e lo resterebbe per sempre. Questo è pura utopia. Quasi nulla, di conseguenza, è stato fatto negli ambienti di lavoro per mantenere o incrementare il bilinguismo interno, non si sono quasi mai incentivate ditte o amministrazioni o realtà produttive in tal senso e si è considerata la questione del bilinguismo questione da definirsi, appunto, solo in termini di patentino “una tantum”. A questo punto il sistema delle certificazioni flessibili introdotto dalla Comissione dei sei potrà avere ricadute importanti anche su iniziative di bilinguismo diffuso e pensato lungo tutto l’arco della vita, iniziative tutte da progettare e che rappresentano la vera svolta e la sfida implicite nella norma di attuazione. In definitiva togliere alla provincia il monopolio della certificazione linguistica, puo’ portare a una migliore politica linguistica.