La proposta di Rita Franceschini
Sabato, Maggio 17th, 2008Sul quotidiano Alto Adige di oggi è apparsa una breve intervista a Rita Franceschini, rettrice della Libera Università di Bolzano, sul tema delle innovazioni sperimentali linguistiche nella scuola.
L’intervento è particolarmente interessante e opportuno, perchè, dopo i segnali di apertura sul piano politico, è tempo di cominciare a delineare progetti concreti.
Ho riassunto in questa mappa le proposte al giornale di Rita Francheschini, anche se sono sicuro che la mappa è destinata ad articolarsi a dismisura in futuro.
Clicca per ingrandire la mappa.
Qui sotto ricopio il testo dell’intervista come pubblicato sul fiornale:
Il termine scuola «mista» non le piace e lo chiarisce subito. «Diciamo europea». E su questo Rita Franceschini interviene volentieri, non come rettrice ma come linguista, che a fine mandato resterà alla Lub come professore ordinario: «A Scienze della formazione siamo pronti a fare la nostra parte». Fuori dalla politica, il parere di un tecnico su italiano, tedesco e come impararlo.
Un riassunto. Le famiglie hanno iniziato a iscrivere i figli nelle scuole dell’altro gruppo linguistico, per farli diventare bilingui o almeno provarci. «Troppi italiani nei nostri asili» dichiara l’Svp cittadina, che si procura gli elenchi e cerca di quantificare il fenomeno. Così la politica tenta di rispondere al problema e i genitori tremano per il metodo. C’è anche una risposta soft, sponsorizzata da Luis Durnwalder: sezioni bilingui nelle scuole italiane. Luisa Gnecchi: «Trasformare alcune sezioni da tedesche a italiane, con maestre sia italiane che tedesche. Sono convinta che anche le famiglie tedesche correrebbero a iscrivere i bambini».
Per uscire dalla politica, abbiamo chiesto un parere a Rita Franceschini, linguista.
Professoressa, c’è un problema di insegnamento del tedesco e dell’italiano, ma le soluzioni dalla scuola non stanno arrivando.
«Mi piacerebbe conoscere le reali dimensioni di questo fenomeno di iscrizioni “trasversali” nelle scuole, ma credo sia palese la richiesta di migliore apprendimento linguistico da parte delle famiglie, che per il momento si stanno arrangiando con una sorta di slalom. Anche lo slalom può essere una soluzione, però…».
Pero?
«Però forse si potrebbe organizzare una proposta scolastica più strutturata, più ordinata. Con alcune premesse».
La prima?
«L’organizzazione scolastica è legata a un sistema sociale. Quando la società cambia, anche la politica si mette in movimento. In questa fase mi sembra che le famiglie stiano giocando in Alto Adige un ruolo importante. D’altronde, sta a loro il diritto di scegliere il percorso educativo».
Altra premessa?
«In una terra di minoranza linguistica come l’Alto Adige, si deve trovare una soluzione che tenga conto dei timori del gruppo tedesco di non vedere più trasmessa la propria lingua. Sono sincera, mi sembra che nel gruppo italiano questa sensibilità non sia sempre presente».
Dalle famiglie (alcune) e da parte di una certa politica la richiesta è netta: scuola bilingue mista, accanto al modello tedesco e italiano.
«Lasciamo da parte il termine “misto”. Diciamo europeo, avendo la fortuna di avere in casa l’esempio della scuola ladina, studiata internazionalmente per i suoi risultati. E poi ci sono esperienze europee cui rifarsi, anche se il modello va sempre studiato localmente».
Quali le caratteristiche?
«Sezioni trilingui, italiano, tedesco e inglese. Una scuola europea, come la Lub è una università europea. Proprio per preparare i ragazzi alla nostra università, perché non pensare a una scuola superiore con sezioni trilingui?».
Lei parte dall’alto, ma le famiglie chiedono il bilinguismo precoce.
«Le due ipotesi non sono incompatibili. Ai genitori suggerisco di vivere l’obiettivo del bilinguismo con minore ansia: gli studi ci dicono che le possibilità di apprendimento restano buone anche in età avanzata. Si vorrà partire dal basso? Bene. La Lub è pronta a fare la propria parte».
Che ruolo potete avere?
«Si parla molto di immersione in Alto Adige, spesso non puntualmente. C’è una didattica da mettere a punto totalmente. I risultati delle prime sperimentazioni non sono eccellenti: i bambini non escono bilingui con materie insegnate per poche ore nella seconda lingua, ma ottengono una sensibilità per le lingue, per un punto di vista “altro” che è già preziosa».