Bambini italiani nelle scuole tedesche di Bolzano
Sui quotidiani di ieri, 13 marzo 2008, è stato dato ampio spazio alla notizia che la SVP di Bolzano sta completando una indagine sulle conoscenze linguistiche dei bambini iscritti nelle scuole dell’infanzia tedesche. Stando a quanto dichiara il promotore dell’iniziativa, Oswald Ellecosta, è necessario verificare se i bambini italiani causino o meno disagi alla normale attività didattica delle scuole tedesche, come lamenterebbero molti genitori, e poi agire di conseguenza, limitando in qualche modo le iscrizioni..
Una iniziativa questa criticata un po’ da tutti in provincia di Bolzano e, dal mio punto di vista, addirittura immotivata. Infatti l’ipotesi di alunni che, non possedendo adeguata conoscenza della lingua di insegnamento della scuola, ne compromettano il funzionamento è già prevista e regolamentata, dal 1988, da una norma di attuazione dello Statuto di autonomia, il DPR 15 luglio 1988, n.301, che prevede in tale contesto una valutazione preliminare da parte del Comitato di scuola materna, su proposta dell’insegnante e sentiti i genitori. Per brutta e poco condivisibile che sia, questa è una norma che esiste e rimanda la decisione a un preciso organismo, prevedendo nel contempo anche la possibilità di ricorso giurisdizionale a garanzia dei genitori.
Ellecosta quindi non ha motivo di raccogliere lamentele di genitori nei confronti di bambini italiani: dovrebbe invitare invece tutti a rivolgersi ai rispettivi insegnanti, ai quali soltanto spetta di richiedere l’intervento del Comitato e questo nella sola ipotesi di compromessa efficienza della scuola.
Il punto centrale, infatti , è questo: le norme di attuazione riconoscono esplicitamente il diritto dei genitori di scegliere liberamente la scuola di iscrizione dei loro figli ma limitano tale diritto al caso (del tutto eccezionale e da verificare di volta in volta) che ciò impedisca alla scuola di funzionare. Il focus è sul funzionamento, non su altri caratteri. Per questo, ribaltando la prospettiva, mi sento di affermare che una scuola può funzionare in modo estremamente efficace anche indipendentemente dalla madrelingua degli alunni. La partita di come funziona una scuola, insomma, si gioca sul piano della didattica, laddove puo’ essere del tutto superfluo decidere se una scuola sia quella giusta per un bambino solo a partire dalle sue conoscenze linguistiche iniziali.
Io uso chiamare “scuola ad immersione” l’approccio didattico che accetta chi non parla a casa la lingua della scuola e gliela insegna proprio a scuola, attraverso la normale attivitá didattica. Una scuola ad immersione è la sola risposta condivisa che la politica può dare al cittadino che pone la questione di un futuro plurilingue.
Marzo 28th, 2008 at 7:23 pm
[…] Cinque punti in sequenza, quelli di Brugger, che hanno alla base una semplice considerazione: il sistema delle scuole separate per gruppo linguistico sta implodendo dall’interno perchè le iscrizioni degli italiani nelle scuole tedesche sono fuori controllo (l’allarme era gia’ stato lanciato da Ellecosta nelle scorse settimane). Il solo modo per difendere il sistema delle scuole separate da un collasso interno è concedere l’immersione linguistica alle scuole italiane. Non farlo significa oggi mettere in difficolta’ soprattutto la scuola tedesca nella sua funzione di scuola di madrelingua per la minoranza sudtirolese. Farlo significa anche stimolare la scuola tedesca a specializzarsi sempre di piu’ come scuola di madrelingua. […]
Maggio 8th, 2008 at 6:53 pm
[…] di enrico tags interni:didattica delle lingueA due mesi di distanza dalla prima uscita di Ellecosta, il comitato cittadino della SVP di Bolzano ha rilanciato la proposta dei test linguistici per l’accesso alle scuole dell’infanzia. Secondo la SVP cittadina i troppi bambini italiani nelle scuole materne tedesche rappresentano un disturbo. Il partito fa addirittura riferimento al testo di una norma di attuazione che recita: “allorché l’avvenuta iscrizione di alunni possa compromettere l’efficienza della scuola, in quanto non possiedono una adeguata conoscenza della lingua d’insegnamento prevista per la scuola di frequenza, tale da consentire loro di seguire utilmente l’insegnamento, la questione viene sottoposta, tra il 20º e il 25º giorno dall’inizio dell’anno, dall’insegnante al comitato della scuola materna, che deve sentire i genitori”. Il riferimento naturalmente è improprio perché la norma non introduce alcuna forma di test linguistico, piuttosto regola i casi eccezionali di mancata integrazione linguistica. Inoltre - cosa che la SVP non dice- quella stessa norma prevede soprattutto la possibilità di ricorso giurisdizionale da parte dei genitori contro il diniego di iscrizione. […]