Integrazione, bilinguismo, economia

Giugno 10th, 2008

Riporto brevemente alcune dichiarazioni del presidente uscente, Walter Amort, all’assemblea annuale del Wirtschaftsring, tenutasi a Bolzano il 9 giugno 2008:

«L’importanza dell’integrazione degli stranieri in questi anni è stata sottovalutata. Si poteva fare di più, anche perché la nostra economia ha bisogno degli stranieri, senza di loro non resta in piedi. La nostra società è destinata a diventare sempre più multiculturale e dobbiamo accettarlo. Non possiamo pensare di chiuderci a quello che viene da fuori, mantenere la propria lingua e le proprie tradizioni non significa dire no a tutto quello che viene dall’esterno».

E poi:

«Viviamo in una terra bilingue, ma ci sono troppo pochi altoatesini che parlano bene l’italiano e il tedesco. Su questo bisogna assolutamente migliorare, serve l’impegno di scuola e famiglie».

Le dichiarazioni sono riprese dal quotidiano Alto Adige .

Aggiornamento alle ore 19.00 del 10 giugno 2008

In Consiglio provinciale a Bolzano è stata discussa oggi una mozione di Pius Leitner, la 514/07-XIII, le cui conclusioni sono esattamente l’opposto di quelle di Walter Amort. Riprendo qui dalle News del Consiglio provinciale i punti salienti delle argomentazioni di Pius Leitner:

“Il principio della madrelingua va tutelato, opponendosi a progetti di immersione: ne è convinto il consigliere Pius Leitner (Die Freiheitlichen) che ha presentato sul tema una mozione segnalando come per aumentare le ore di italiano nelle scuole tedesche si debba diminuire le ore di tedesco o aumentare il monte ore complessivo, soluzioni entrambe impraticabili senza danneggiare i bambini. Inoltre, secondo Leitner si ignora il problema della sempre maggior presenza di bambini stranieri, il che rende fondamentale un corretto insegnamento del tedesco. L’immersione comporterebbe poi una perdita di identità. Per questo, egli ha chiesto di impegnare la Giunta provinciale a prendere le distanze da qualsiasi forma di immersione nelle scuole dell’Alto Adige, tutelare il principio della madrelingua ed adottare misure contro l’impoverimento della lingua tedesca. “Per una minoranza”, ha detto Leitner, “è fondamentale mantenere la propria identità. Non dobbiamo dimenticare che i meccanismi di tutela sono necessari proprio perché non siamo italiani, bensì tedeschi e ladini: i nostri giovani devono poter studiare bene il tedesco. Le lingue straniere sono importanti, tuttavia il principio della madrelingua non deve cadere”. Secondo il consigliere, la reclamata scuola unitaria interetnica rientrerebbe nel progetto di chi vuole l’assimilazione, ed è quindi da contrastare.” (Consiglio - 10.06.2008 12:02 (MC))

Secondo aggiornamento alle ore 20.30 dell’ 11 giugno 2008

Devo necessariamente aggiungere questa ulteriore esternazione di Pius Leitner, in Consiglio provinciale oggi, che potremmo titolare: “Il principio del bilinguismo è superato” o, in alternativa: “Sezioni pluriingue? No grazie, troppo costose”. La fonte è sempre in una news del Consiglio:

“ha preso parola anche Pius Leitner (Die Freiheitlichen), dubitando che siano sempre di più le famiglie che considerano importante il bilinguismo: “Il principio del bilinguismo è superato. Agli altoatesini di lingua tedesca, la conoscenza dell’inglese sarà più utile di quella dell’italiano: non significa che non dobbiamo imparare l’italiano, ma è evidente che nelle valli sono pochi i sudtirolesi che usano l’italiano. Io sono contrario alle sperimentazioni ed all’immersione, che ritengo un cavallo di Troia, ma non all’apprendimento delle lingue: soltanto, non bisogna dimenticare le esigenze di tutela della minoranza”. Leitner ha inoltre invitato a riflettere sui costi che comporterebbe l’istituzione di sezioni plurilingui, e per quanto riguarda le scuole dell’infanzia, ha sollecitato a non farne scuole di lingue. (MC)

Lingua, cultura e identita’

Giugno 10th, 2008

Di una mozione presentata da Pius Leitner e discussa oggi in Consiglio provinciale a Bolzano (mozione Nr. 514/07 dal titolo: “No all’immersione – il principio della madrelingua va tutelato”), ricopio i seguenti passaggi, che in qualche modo mostrano quelli che, secondo Leitner e i Freiheitlichen, sono i rapporti fra tre termini: lingua cultura e identità.

Si legge nella mozione (respinta dal Consiglio, avendo registrato solo 4 voti a favore):

“L’identità si acquisisce attraverso la lingua, che è il tratto culturale essenziale ai fini della formazione del legame di
appartenenza a un’area culturale! Tale legame è sia il mezzo sia l’oggetto della costruzione dell’identità.
Una persona si identifica con qualcosa, in altre parole ha delle caratteristiche che ne sanciscono l’appartenenza a un determinato gruppo etnico e a una determinata cultura.
La lingua da un punto di vista culturale genera l’identità.
La formazione dell’identità è considerata una delle più importanti funzioni nel processo di sviluppo della persona, funzione collegata alla madrelingua.
L’identità è la matrice della vita di una persona.”

La mia prima impressione di fronte a tali argomenti è di una sorta di serio cortocircuito intellettuale da parte di Leitner.

In ogni caso ho controbilanciato rileggendo il Prologo all’Intervista sull’identità di Zygmunt Bauman, che ripropongo di seguito.

Scrive Bauman:

“Secondo l’antica usanza dell’Università Carlo di Praga, durante la cerimonia di conferimento delle lauree honoris causa viene suonato l’inno nazionale del paese di appartenenza del «neolaureato». Quando toccò a me ricevere quest’onore, mi chiesero di scegliere tra l’inno britannico e l’inno polacco… Beh, non trovai facile dare una risposta. La Gran Bretagna era il paese che avevo scelto e che mi aveva scelto offrendomi una cattedra quando la permanenza in Polonia, il mio paese di nascita, era diventata impossibile perché mi era stato tolto il diritto di insegnare. Laggiù, però, in Gran Bretagna, io ero un immigrato, un nuovo venuto, fino a non molto tempo fa un profugo da un paese straniero, un alieno. Poi sono diventato un cittadino britannico naturalizzato, ma quando sei un nuovo venuto puoi mai smettere di esserlo? Non avevo intenzione di passare per un inglese e né i miei studenti né i miei colleghi hanno mai avuto il minimo dubbio che fossi uno straniero, un polacco per essere esatti. Questo tacito gentlemen’s agreement ha impedito ai nostri rapporti di guastarsi: al contrario, li ha resi onesti, tranquilli e nel complesso sereni ed amichevoli.
Avrei dovuto quindi far suonare l’inno polacco? Ma anche questa scelta non aveva molto fondamento: trent’anni e passa prima della cerimonia di Praga ero stato privato della cittadinanza polacca… La mia esclusione era stata ufficiale, avviata e confermata da quel potere che aveva la facoltà di distinguere il «dentro» dal «fuori», chi apparteneva da chi no: pertanto il diritto all’inno nazionale polacco non mi competeva più…
Janina, la compagna della mia vita , ha trovato la soluzione: perché non far suonare l’inno europeo? Effettivamente , perché no? Europeo lo ero, senza dubbio, non avevo mai smesso di esserlo: ero nato in Europa, vivevo in Europa, lavoravo in Europa, pensavo europeo, mi sentivo europeo; e soprattutto, a tutt’oggi non esiste un ufficio passaporti europeo con l’autorità di emettere o rifiutare un «passaporto europeo» e perciò di conferire o negare il nostro diritto a chiamarci europei.
La nostra decisione di chiedere che venisse suonato l’inno europeo era al tempo stesso «inclusiva» ed «esclusiva»… Alludeva a un’entità che includeva i due punti di riferimento alternativi della mia identità, ma contemporaneamente annullava, come meno rilevanti o irrilevanti, le differenze tra di essi e perciò anche una possibile «scissione di identità». Rimuoveva la questione di un’identità definitiva in termini di nazionalità, quel tipo di identità che mi era stata resa inaccessibile. Anche gli struggenti versi dell’inno europeo contribuivano allo scopo: alle Menschen werden Brüder, tutti gli uomini saranno fratelli … L’immagine di «fratellanza» è la sintesi della quadratura del cerchio: differenti eppure uguali, separati ma inseparabili, indipendenti ma uniti.”

Le dichiarazioni in aula di Pius Leitner, invece, le ho riportate in questo post sul blog Mehrsprachigkeit.

Scienze della formazione

Giugno 7th, 2008

Franz Comploi, professore ordinario della Facoltà di Scienze della Formazione della Libera Università di Bolzano, sara’ il nuovo preside di facolta’ a Bressanone a partire dal mese di ottobre 2008. Ladino della Val Badia, vene indicato come persona particolarmente vocata a stimolare il dialogo interno fra la sezione italiana e la sezione tedesca.

Unica fra le facolta’ dell’Ateneo di Bolzano a proporre insegnamenti rigorosamente separati per lingua nel corso di laurea in scienze della formazione, fino ad oggi del tutto disattenta alla didattica della seconda lingua (si veda qua ) molto potrebbe cambiare, a giudicare da una prima intervista dello stesso Comploi al quotidiano Alto Adige in edicola oggi.

“Presterò attenzione alla cura dei rapporti nella facoltà, in particolare tra la sezione italiana e quella tedesca. Il nostro profilo multilingue è prezioso e va curato” ha dichiarato Comploi al quotidiano; in agenda, prosegue, comparirà sicuramente “lo sviluppo della ricerca, con i programmi per i master”. Ricerca anche linguistica.

L’ordinamento della scuola rispecchia il modello di società sotteso. Allo stesso modo l’organizzazione di una facoltà per la formazione degli insegnanti rispecchia un’idea di “scuola” sottesa. Scienze della formazione è stata organizzata cosi’ come la vediamo oggi perchè doveva sottolineare e rispecchiare l’idea di scuole rigorosamente ditinte per lingua di insegnamento, senza mescolanze.
Tuttavia l’idea di mantenere ad ogni costo la scuola monolingue come scuola separata sembra ormai stare nella testa solo di un gruppo ristretto di politici e intellettuali. Almeno stando a quanto è venuto fuori da un sondaggio pubblicato dal settimanale FF (di cui ho parlato sul blog Mehrsprachigkeit in questo post qua ) dove la maggioranza dei cittadini intervistati ritiene ormai giunto il momento di superare il tabu della scuola bilingue.

Sono convinto che la via verso la scuola plurilingue passera’ necessariamente attraverso una stretta collaborazione fra le scuole monolingue esistenti. Fondamentale è quindi che questa sia anche la direzione dell’Universita’, direzione che il nuovo Preside sembra aver individuato pienamente, mettendo subito in agenda la valorizzazione dei rapporti fra le sezioni italiane e tedesche della facolta’ di scienze della formazione.

Cultura plurilingue

Maggio 23rd, 2008

All’appello alle famiglie del commissario Jan Figel ha risposto immediatamente un gruppo di genitori che oggi, al caffe Plural di Bolzano, ha presentato alla stampa la neocostituita Associazione Mix-ling Eltern für una cultura plurilingue.

“Wir sind eine Gruppe von Eltern, die eine mehrsprachige Bildung für ihre Kinder vorantreiben möchten, damit sie im Kontakt mit den verschiedenen Kulturen dieses Landes afwachsen. Um dieses Ziel zu verfolgen haben wir einen Verein gegründet: Mix -ling: Eltern für eine mehrsprachige Kultur”, così si sono presentati al pubblico.

Colpisce subito il rinvio Mix-ling/Mischling e il gioco diparole è immediato anche nell’alternanza delle lingue nel nome dell’ associazione: “Eltern für una cultura plurilingue”.
Anche il termine “cultura plurilingue” è inusuale: in Sudtirolo si parla di educazione plurilingue, contesto plurilingue, formazione plurilingue, mehrsprachige Bildung ma il termine cultura plurilingue, quella che nasce im Kontakt mit den verschiedenen Kulturen dieses Landes, è nuovo.

Alcuni dei presentatori dell'associazione Mix-ling

Genitori cosi’, che lavorano per ratio difficilis, hanno comunque prodotto proposte concrete e innovative proprio nel loro documento programmatico in cui sottolineano:

  • l’importanza della progettazione spaziale della scuola: la proposta sono Schulzentren con strutture di servizio comuni per alunni di diversa lingua, per esempio biblioteche, mense, palestre e cortili comuni da rivalutarsi soprattutto come punti di incontro;
  • la necessità di iniziative non piu’ divise fra scuole italiane e tedesche, come un comune festival studentesco;
  • l’importanza sul piano didattico di ritenere l’alunno mistilingue non banalmente già bravo nella seconda lingua, ma uno studente da apprezzare soprattutto per il valore aggiunto che puo’ dare alla scuola e ai compagni.

La proposta forte sul piano dell’ordinamento scolastico di Mix-ling è comunque riportata al primo punto del catalogo:

“Wir Eltern fordern, dass in Südtirol ein zwei-bzw. dreisprachige Schule errichtet wird, die von beiden Schulaemtern gemeinsam geführt und als Zugangsangebot zu den bereits bestehenden einsprachigen Schulen verstanden wird.”

L’iscrizione a un tale tipo di scuole deve essere naturalmente una scelta libera delle famiglie.

Il catalogo completo delle richieste dell’Associazione è consultabile qui.

Il ruolo dei genitori

Maggio 21st, 2008

Ján Figel, Commissario europeo
Ján Figel Commissario Europeo (vedi foto nel contesto originale)

Dopo la chiusura del Presidente Durwalder rispetto alle proposte di Luisa Gnecchi di attivare nelle scuole materne italiane sezioni con due insegnanti, una di lingua tedesca e uan di lingua italiana, esce oggi sul quotidiano Alto Adige un’importante intervista a Ján Figel, commissario europeo all’istruzione, formazione, cultura e gioventù. Presente a Bolzano  lunedì 19 maggio 2008 come relatore principale al convegno internazionale Il ruolo delle università nell’Europa del domani, organizzato dalla Libera Università di Bolzano, Il Commissario ha sottolineato l’importanza di un apprendimento delle lingue fino dalla primissima età e il ruolo che la Commisssione europea assegna alle famiglie, che si devono attivare per l’apprendimento delle lingue dei propri figli. Secondo Figel, i genitori devono fare una riflessione seria, facendo anche pressione sulle istituzioni per ottenere quello che vogliono. La richiesta deve partire dal basso.

Ecco una parte dell’intervista condotta da Roberto Rinaldi:

In questi giorni c’è un aspro dibattito a livello politico per l’apprendimento delle lingue già dalla prima infanzia e sull’opportunità di creare negli asili sezioni miste tra italiani e tedeschi. Che giudizio ha in merito?
 «La competenza per quanto riguarda la scelta dei metodi e dei contenuti per l’apprendimento linguistico resta prerogativa nazionale o locale e non è materia della Commissione. A questo proposito, però, il nuovo trattato europeo fa riferimento al ruolo dei genitori che si devono attivare per l’apprendimento delle lingue dei propri figli. Io sono convinto che prima s’inizia a prendere contatto con l’altra lingua e meglio si apprende. La scuola materna non deve essere considerata solo come una realtà d’assistenza sociale, ma una forma di educazione dei bambini. La mia personale opinione è che è giusto far apprendere le lingue anche alle materne. Sarebbe un beneficio per tutti: italiani e tedeschi. I genitori devono fare una riflessione seria e fare pressione sulle istituzioni per ottenere quello che vogliono. La richiesta deve partire dal basso. E poi vorrei mandare un messaggio alla vostra provincia».
Dica pure…
«La gente ha paura legittime, e i politici spesso giocano con questi timori prospettando lo spettro dell’assimiliazione! Per noi, come Europa, è importante l’integrazione, la partecipazione. Serve molto impegno per creare dei talenti, anche in campo linguistico.
Integrazione non significa annullare le caratteristiche d’ogni comunità che, va da sé, devono restare specifiche. Esistono delle maggioranze e vanno rispettate le minoranze, ma queste devono cooperare insieme.
Per le comunità locali è importante educare e fornire istruzione, è un equilizzatore e integratore indispensabile della vita!».

Sezioni miste

Maggio 18th, 2008

La proposta che Luisa Gnecchi, vicepresidente della Provincia di Bolzano e assessore competente per la scuola italiana, portera’ in Giunta provinciale domani, lunedi’ 19 maggio 2008, è anticipata brevemente in un’intervista al quotidiano Alto Adige.

Si tratta di prevedere per un certo numero di sezioni di scuola materna che l’insegnamento sia impartito nelle due lingue da due insegnanti, una di lingua italiana e una di lingua tedesca.

Ho provato a trasformare in mappa i contenuti di questa intervista, utilizzando la stessa struttura usata per l’intervista a Rita Franceschini e ne è venuto fuori questo:

Clicca per ingrandire la mappa

Ripropongo di seguito la mappa disegnata in relazione alla intervista rilasciata allo stesso giornale da Rita Franceschini e riportata qui:

Clicca per ingrandire la mappa

Il confronto puramente visivo fra le due mappe rende evidente che ci sono punti vuoti nella progettazione politica. Anche se qui si tratta del confronto fra due interviste interviste giornalistiche condotte separatamente, non di una analisi puntuale e definitiva.

Ecco il testo dell’intervista dell’Alto Adige a Luisa Gnecchi:

«C’è un solo modo per superare l’ossessione delle famiglie italiane per il tedesco: bisogna creare delle sezioni di scuola materna con una maestra italiana e una tedesca. Così si evita che, come sostiene il capogruppo della Svp Oswald Ellecosta, ci sia la corsa dei genitori italiani ad iscrivere i figli negli asili tedeschi con tutti i problemi che ciò può comportare. Ai bambini, innanzitutto». Luisa Gnecchi, vicepresidente della Provincia, vuol cogliere al volo l’occasione offertale dalla polemica scatenata dalla Svp sui nomi dei bimbi italiani iscritti agli asili tedeschi.


«Lunedì - assicura Gnecchi - affronteremo la questione in giunta. È inutile far finta che il problema non esista».
La sua proposta esattamente in cosa consiste?
«È presto detto: si tratta di estendere la sperimentazione che attualmente abbiamo solo in due sezioni di scuola materna, a Bolzano e Merano».
Come funziona?
«Semplice: c’è una maestra italiana e una tedesca che stanno con i bambini tutto il giorno. È la situazione ideale che riproduce la famiglia mista. E proprio per questo dà i risultati migliori».
Perché se questa è la soluzione ideale, non l’avete già estesa senza bisogno di attendere che il problema esplodesse?
«Primo, perché non abbiamo un numero di maestre di lingua tedesca sufficiente: sono 38 su un corpo insegnanti di 400. Secondo: non posso licenziare le maestre italiane, che sono due per sezione, per mettere quelle di lingua tedesca. Ciò, finora, ci ha imposto di accontentarci di soluzioni di compromesso, per cui negli asili abbiamo maestre tedesche che ruotano tra una sezione e l’altra».
Stando così le cose, come pensa di superare questi due ostacoli?
«La Svp sostiene che un 25%, se non addirittura di più, di bambini iscritti alle scuole tedesche sono di lingua italiana e ciò creerebbe problemi. La mia proposta è questa: ci prendiamo i bambini italiani assieme alle maestre tedesche e creiamo delle sezioni con un’insegnante italiana e una tedesca. Il vantaggio di questa soluzione è che non si perdono posti di lavoro né da una parte né dall’altra».
Le sezioni miste dove verrebbero aperte: nella scuola tedesca o italiana?
«L’offerta noi la facciamo alle famiglie italiane che iscrivono i figli alle scuole materne tedesche: e siamo certi che opteranno per la nostra soluzione. L’ubicazione delle nuove sezioni è invece un non-problema: già oggi abbiamo nello stesso edificio sezioni italiane e sezioni tedesche assieme».
I tempi: ormai se ne parlerebbe per l’anno 2009-2010.
«Assolutamente no. Si può partire già in autunno».
A livello politico c’è già l’accordo?
«Il capogruppo della Svp si è già espresso pubblicamente a favore delle sezioni con un’ insegnante italiana e una tedesca. D’accordo anche l’assessore comunale Rottensteiner».
Commentando lo studio Pisa lei ha detto che gli studenti tedeschi hanno ottenuto risultati migliori, soprattutto nelle materie scientifiche, perché gli italiani hanno troppe ore di tedesco.
«È un dato di fatto che nelle scuole italiane, dalla prima elementare all’ultimo anno di medie, si fanno sei ore alla settimana di tedesco; nelle scuole tedesche: solo un’ora in prima elementare e poi quattro di italiano. Le due ore in più di differenza sono a scapito rispettivamente delle materie scientifiche (un’ora) e di una materia a scelta delle scuole (l’altra)».
La soluzione?
«L’ossessione che i figli non imparino il tedesco, che tormenta le famiglie italiane, si supera soltanto creando delle sezioni di scuola materna, in cui i bambini dai 3 ai 5 anni - ovvero in un periodo determinante per l’apprendimento linguistico - sentano parlare indifferentemente le due lingue. Del resto negli asili nido è già così: bambini italiani e tedeschi sono assieme a maestre italiane e tedesche».

Risposte al bisogno di bi e trilinguismo

Maggio 17th, 2008

Sulla presa di posizione di Rita Franceschini, mi giunge un comunicato dell’Ufficio stampa provinciale di Alleanza Nazionale, testo che ha il pregio di delineare con chiarezza i caratteri dell’insegnamento veicolare delle lingue.

Alessandro Urzi' al convegno

Alessandro Urzi’ con l’ospite Verena Debiasi il 2 marzo 2006 alla tavola rotonda Il bilinguismo reale fra Scuola e Società


“Plauso alla rettrice dell’Università di Bolzano Rita Franceschini e sostegno aperto ed incondizionato da parte di Alleanza nazionale all’avvio di una profonda rivoluzione del sistema scolastico provinciale con la possibilità di istituire, nell’ambito di una autonomia delle Istituzioni scolastiche che deve essere ancora riempita di contenuti e opportunità, sezioni trilingue (in italiano, tedesco e inglese) sul modello della stessa Università di Bolzano.

Lo sostiene il presidente provinciale di Alleanza nazionale Alessandro Urzì ricordando come il Centrodestra sostiene da anni la necessità di segnare un momento di rottura con lo schema rigido della formazione scolastica (includendo nel processo formativo anche il ciclo delle scuole materne) monolingue.

Il bilinguismo reale delle giovani generazioni deve essere considerato in provincia di Bolzano come lo strumento necessario e più importante per i ragazzi di oggi di affrontare le sfide nel mercato del lavoro, nella pubblica amministrazione, nell’economia, nelle relazioni sociali.

Un bilinguismo, sostiene Urzì, che può essere realizzato solo con strumenti che rendano naturale l’apprendimento della seconda lingua (non con lo strumento antico della didattica che considera la seconda lingua come una materia qualsiasi, con cui i ragazzi si confrontano solo per ottenere la sufficienza). Ciò può essere realizzato solo con quella che senza più alcun tabù può essere definita, aggiunge Urzì, una sorta di “immersione” (uso veicolare della seconda lingua) per cui materie come la geografia, la chimica, la storia o altre possano essere insegnate direttamente in lingua tedesca ed inglese (con gli opportuni ausili grammaticali), rendendole naturale strumento di comunicazione.

La società altoatesina non solo è matura, conclude il presidente provinciale di An Urzì, ma avverte come non più rinviabile il momento della creazione di questi percorsi scolastici (che nella prima fase potrebbero conoscere l’avvio in modo sistemico nell’ambito della struttura della scuola in lingua italiana, rispondendo ad una esigenza spiccatamente matura proprio in questa parte della popolazione).

La proposta di Rita Franceschini

Maggio 17th, 2008

Sul quotidiano Alto Adige di oggi è apparsa una breve intervista a Rita Franceschini, rettrice della Libera Università di Bolzano, sul tema delle innovazioni sperimentali linguistiche nella scuola.

L’intervento è particolarmente interessante e opportuno, perchè, dopo i segnali di apertura sul piano politico, è tempo di cominciare a delineare progetti concreti.

Ho riassunto in questa mappa le proposte al giornale di Rita Francheschini, anche se sono sicuro che la mappa è destinata ad articolarsi a dismisura in futuro.

Clicca per ingrandire la mappa.

Qui sotto ricopio il testo dell’intervista come pubblicato sul fiornale:

Il termine scuola «mista» non le piace e lo chiarisce subito. «Diciamo europea». E su questo Rita Franceschini interviene volentieri, non come rettrice ma come linguista, che a fine mandato resterà alla Lub come professore ordinario: «A Scienze della formazione siamo pronti a fare la nostra parte». Fuori dalla politica, il parere di un tecnico su italiano, tedesco e come impararlo.
Un riassunto. Le famiglie hanno iniziato a iscrivere i figli nelle scuole dell’altro gruppo linguistico, per farli diventare bilingui o almeno provarci. «Troppi italiani nei nostri asili» dichiara l’Svp cittadina, che si procura gli elenchi e cerca di quantificare il fenomeno. Così la politica tenta di rispondere al problema e i genitori tremano per il metodo. C’è anche una risposta soft, sponsorizzata da Luis Durnwalder: sezioni bilingui nelle scuole italiane. Luisa Gnecchi: «Trasformare alcune sezioni da tedesche a italiane, con maestre sia italiane che tedesche. Sono convinta che anche le famiglie tedesche correrebbero a iscrivere i bambini».
Per uscire dalla politica, abbiamo chiesto un parere a Rita Franceschini, linguista.
Professoressa, c’è un problema di insegnamento del tedesco e dell’italiano, ma le soluzioni dalla scuola non stanno arrivando.
«Mi piacerebbe conoscere le reali dimensioni di questo fenomeno di iscrizioni “trasversali” nelle scuole, ma credo sia palese la richiesta di migliore apprendimento linguistico da parte delle famiglie, che per il momento si stanno arrangiando con una sorta di slalom. Anche lo slalom può essere una soluzione, però…».
Pero?
«Però forse si potrebbe organizzare una proposta scolastica più strutturata, più ordinata. Con alcune premesse».
La prima?
«L’organizzazione scolastica è legata a un sistema sociale. Quando la società cambia, anche la politica si mette in movimento. In questa fase mi sembra che le famiglie stiano giocando in Alto Adige un ruolo importante. D’altronde, sta a loro il diritto di scegliere il percorso educativo».
Altra premessa?
«In una terra di minoranza linguistica come l’Alto Adige, si deve trovare una soluzione che tenga conto dei timori del gruppo tedesco di non vedere più trasmessa la propria lingua. Sono sincera, mi sembra che nel gruppo italiano questa sensibilità non sia sempre presente».
Dalle famiglie (alcune) e da parte di una certa politica la richiesta è netta: scuola bilingue mista, accanto al modello tedesco e italiano.
«Lasciamo da parte il termine “misto”. Diciamo europeo, avendo la fortuna di avere in casa l’esempio della scuola ladina, studiata internazionalmente per i suoi risultati. E poi ci sono esperienze europee cui rifarsi, anche se il modello va sempre studiato localmente».
Quali le caratteristiche?
«Sezioni trilingui, italiano, tedesco e inglese. Una scuola europea, come la Lub è una università europea. Proprio per preparare i ragazzi alla nostra università, perché non pensare a una scuola superiore con sezioni trilingui?».
Lei parte dall’alto, ma le famiglie chiedono il bilinguismo precoce.
«Le due ipotesi non sono incompatibili. Ai genitori suggerisco di vivere l’obiettivo del bilinguismo con minore ansia: gli studi ci dicono che le possibilità di apprendimento restano buone anche in età avanzata. Si vorrà partire dal basso? Bene. La Lub è pronta a fare la propria parte».
Che ruolo potete avere?
«Si parla molto di immersione in Alto Adige, spesso non puntualmente. C’è una didattica da mettere a punto totalmente. I risultati delle prime sperimentazioni non sono eccellenti: i bambini non escono bilingui con materie insegnate per poche ore nella seconda lingua, ma ottengono una sensibilità per le lingue, per un punto di vista “altro” che è già preziosa».

Ipocrisie linguistiche

Maggio 15th, 2008

Trascrivo, con autorizzazione dell’autore, un ottimo intervento di Romano Viola, apparso sul quotidiano Alto Adige di oggi.

Romano Viola, giovane professore di filosofia negli anni 70
Foto tratta dal sito Merano70

«Assurdo», «una follia», «pericoloso», «discriminatorio»: questi i giudizi espressi da molti politici italiani sulla proposta della Svp di Bolzano di verificare le conoscenze di tedesco dei bambini italiani che si iscrivono in massa nelle scuole materne tedesche. Sono giudizi che non condivido. La proposta della Svp può essere discutibile da un punto di vista pedagogico. Ma risponde ad un problema assolutamente reale. Sono anni che nelle scuole materne tedesche di Bolzano aumenta il numero dei bambini italiani. Oggi in alcune sezioni sono addirittura in maggioranza. E’ davvero così sorprendente che questo possa determinare delle difficoltà?
Non è la prima volta, del resto, che la Svp solleva il problema. Lo ha già fatto pubblicamente l’assessora provinciale Kasslatter Mur nel 2002. Riporto alcune delle sue affermazioni di allora. Secondo l’assessora, nelle 16 scuole materne in lingua tedesca di Bolzano i bambini di famiglia italiana o mistilingue sarebbero stati ormai intorno al 40% (in alcune sezioni addirittura all’80%!) del totale. Questo avrebbe creato, a suo avviso, dei seri inconvenienti. Per i bambini di lingua tedesca di Bolzano, che in casa parlano per lo più in dialetto e per strada sentono parlare per lo più in italiano, la scuola materna rappresenta una tappa fondamentale per apprendere il tedesco standard. Ma questo viene reso più difficile, affermava la Kasslatter Mur, se nelle sezioni ci sono troppi bambini di lingua italiana che non capiscono il tedesco, costringendo così le insegnanti a parlare spesso in italiano.
E’ semplice onestà intellettuale riconoscere che l’assessora ha posto un problema reale. Tanto più che oggi, rispetto al 2002, il fenomeno è aumentato e in futuro potrebbe aumentare ancora. Cosa accadrebbe se un domani la percentuale dei bambini italiani nelle scuole materne tedesche salisse, poniamo, al 60 per cento? Si potrebbe ancora parlare di scuola materna in lingua tedesca?
Minimizzare o ignorare questo problema, come stanno facendo tanti politici italiani, non mi sembra corretto. Così come non mi sembra corretto liquidare come «assurda» la richiesta della Svp di Bolzano di verificare - come previsto da un precisa norma di attuazione - se l’iscrizione di un numero elevato di bambini italiani nelle scuole materne tedesche ne possa (cito testualmente dalla norma) «compromettere l’efficienza».
Occorre invece ricercare una soluzione condivisa. Oggi le condizioni per trovarla sono molto migliori che in passato. Per cominciare, la stessa Svp di Bolzano ha dichiarato il 6 maggio scorso che «non ha niente da obiettare se nelle scuole materne italiane si rende necessario percorrere nuove strade, perché vi si possa apprendere meglio la lingua tedesca». E cinque giorni dopo, il Presidente Durnwalder ha lanciato, in un’intervista sulla «Tageszeitung», la proposta di istituire sezioni sperimentali con insegnamento tutto in lingua tedesca nelle scuole materne italiane che lo richiedono. Un’altra proposta, che riguarda le scuole materne tedesche (istituire sezioni sperimentali con insegnamento bilingue dove sono presenti molti bambini italiani), è stata avanzata dall’assessora Gnecchi. Non vanno poi dimenticate le numerose sperimentazioni già presenti nelle scuole materne italiane, che possono essere ulteriormente potenziate ed estese.
La situazione, come si vede, è in movimento. L’unica strada, va ripetuto, è quella di ricercare un accordo condiviso, che parta da un riconoscimento altrettanto condiviso dell’effettiva realtà dei fatti: senza ideologismi, ipocrisie e calcoli elettorali. Penso ad un accordo fra la Svp e il Pd, naturalmente. Ma anche ad un accordo fra il Pd e il Pdl. Dopo tutto, se c’è un tema tipicamente «bipartisan», questo è proprio quello della scuola. Non sarebbe allora il caso che i politici di questi due partiti cominciassero finalmente a discutere, prima fra di loro e poi con la Svp, su come costruire una soluzione concordata che tenga conto delle diverse, specifiche esigenze che sono tipiche della scuola materna in lingua tedesca e di quella in lingua italiana?

Romano Viola

Test di lingua nelle scuole dell’infanzia

Maggio 8th, 2008

A due mesi di distanza dalla prima uscita di Ellecosta, il comitato cittadino della SVP di Bolzano ha rilanciato la proposta dei test linguistici per l’accesso alle scuole dell’infanzia. Secondo la SVP cittadina i troppi bambini italiani nelle scuole materne tedesche rappresentano un disturbo. Il partito fa addirittura riferimento al testo di una norma di attuazione che recita: “allorché l’avvenuta iscrizione di alunni possa compromettere l’efficienza della scuola, in quanto non possiedono una adeguata conoscenza della lingua d’insegnamento prevista per la scuola di frequenza, tale da consentire loro di seguire utilmente l’insegnamento, la questione viene sottoposta, tra il 20º e il 25º giorno dall’inizio dell’anno, dall’insegnante al comitato della scuola materna, che deve sentire i genitori”. Il riferimento naturalmente è improprio perché la norma non introduce alcuna forma di test linguistico, piuttosto regola i casi eccezionali di mancata integrazione linguistica. Inoltre - cosa che la SVP non dice- quella stessa norma prevede soprattutto la possibilità di ricorso giurisdizionale da parte dei genitori contro il diniego di iscrizione.

Tuttavia il problema evidenziato dalla SVP è reale perché in Alto Adige le scuole sono ancora organizzate in funzione della lingua, tanto che sembra naturale pensare che uno studente non possa avere successo (per esempio sul piano scientifico) se prima non ha una buona competenza nella lingua in cui la materia (scientifica) viene insegnata. Impostazione oggi pedagogicamente superata, ma ancora all’ordine del giorno sul piano politico ed educativo a Bolzano. Ma se è chiaro che lo sviluppo delle competenze poco dovrebbe dipendere dalla lingua in cui l’istruzione è impartita, resta il problema della tutela della cultura della minoranza. In questo senso il sistema delle scuole separate per gruppo linguistico dovrebbe essere inteso come un sistema di scuole diversamente specializzate: la scuola tedesca specializzata nella madrelingua, la scuola italiana specializzata in qualcosa d’altro (la mia proposta è che si specializzi nel bilinguismo), senza che gli obiettivi formativi e linguistici generali siano differenziati e con forti interrelazioni reciproche.

La fuga verso le scuole tedesche per iniziativa delle famiglie italiane dipende dal fatto che le loro scuole non sono ancora in grado di dare competenze accettabili nel tedesco. Se vogliamo lavorare per un sistema di scuole diversamente specializzate, ognuna anche risorsa per l’altra, allora è urgente che la scuola italiana si metta a progettare reali percorsi di educazione bilingue che le famiglie giudichino credibili. Non è infatti sufficiente soltanto auspicare maggiori risorse, cioè un maggior numero di insegnanti di lingua tedesca, bisogna piuttosto definire un progetto accurato di intervento pedagogico e di impiego proprio delle risorse richieste. Altrimenti si resterà sul piano delle pure dichiarazioni di principio e le famiglie italiane continueranno a rivolgersi alla scuola tedesca, con la SVP sempre in agguato a chiedere test linguistici o ad inventare nuove forme di dissuasione. Se non si affermerà una cultura di progetto nel mondo italiano, non sarà possibile rispondere adeguatamente alle questioni poste da Ellecosta e dal comitato cittadino della SVP di Bolzano. Contro la tentazione degli sbarramenti a difesa della scuola tedesca serve dunque un piano di intervento credibile della scuola italiana sul versante del bilinguismo: questo dovrebbe essere l’impegno e la priorità di oggi.