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Verso
una scuola plurilingue
(di Antonello Maggipinto)
Sin
dagli anni ottanta molti cittadini si sono impegnati per una scuola che,
rispettando le diversità linguistiche esistenti sul territorio,
permettesse ad ognuno di apprendere la lingua e la cultura dell'altro.
Può
una «scuola bilingue» garantire le diversità e permettere nel contempo
l´acquisizione di altre lingue? Basterebbe una scuola bilingue a
soddisfare la domanda dei cittadini per una reale acquisizione plurilingue
degli studenti? Ha senso parlare oggi di scuola bilingue quando gli
obbiettivi, a livello europeo, sono quelli dell'acquisizione di almeno
due lingue oltre a quella materna?
La risposta dei diversi sistemi educativi europei, fondati spesso su
nuclei dotati di larga autonomia, sembra andare verso esperienze in lingua
veicolare sempre più diffuse e differenziate a seconda del contesto. Una
scuola plurilingue per un contesto di studenti sostanzialmente monolingue,
con una percentuale di diversità linguistica che non superi diciamo il 10
% degli stessi, avrebbe l´obiettivo principale di permettere l´apprendimento
di una o più lingue (diverse da quella materna della maggioranza degli
studenti) attraverso l´uso diretto della/e lingue non materne per l´apprendimento
di un numero variabile di discipline.
Al contrario una scuola plurilingue per un contesto di studenti
sostanzialmente multilingue non avrebbe il solo obiettivo principale di
agevolare l´apprendimento di una lingua: dovrebbe permettere la tutela
delle minoranze e delle diversità linguistiche esistenti nel territorio.
Questo è un diritto imprescindibile dei popoli: ed è proprio da questo
concetto fondamentale di rispetto e diversità che si sono sviluppati i
progetti di immersione linguistica.
Non sempre una scuola bi/plurilingue tutela le minoranze o le diverse
culture presenti nel territorio; non sempre permette l´immersione in un´altra
lingua e cultura. Talvolta in diversi modelli di scuole bilingui, è stato
osservato proprio il contrario, e cioè la sommersione linguistica e
culturale dei soggetti con uno status più debole. Sicuramente un modello
generico (50/50) di scuola bi/plurilingue è molto adatta per studenti
mistilingui: garantisce la loro cultura e l´acquisizione delle lingue
target. Può sicuramente esistere un modello di questo tipo anche in
Sudtirolo, per far fronte alle esigenze dei molti studenti mistilingui.
Credo sia chiaro a tutti però che non esistono modelli assoluti: che ciò
che va bene qui può non andare bene lì; che ciò che va bene oggi può
non andare bene domani! Affinché non si corra il rischio di creare una
scuola di élite sarebbe bene inoltre che ogni realtà scolastica possa
poter proporre il proprio percorso.
Ogni scuola dovrebbe:
1) Poter proporre liberamente il proprio modello educativo creando una o
più sezioni per coloro che desiderino studiare le discipline direttamente
in altre lingue.
2) Poter attingere, per lo sviluppo dei propri piani educativi, ad un
apposito nucleo di insegnanti (da individuarsi a cura delle diverse
amministrazioni scolastiche) appositamente formati per insegnare
direttamente discipline in altre lingue. Questo nel caso che la scuola non
abbia al suo interno le risorse umane che garantiscano lo sviluppo di un
progetto di immersione linguistica o non sia riuscita ad approntare scambi
di insegnanti della stessa disciplina con scuole di lingua diversa.
I dati della ricerca sul campo non mancano: gli studi nell'ambito dell'immersione
linguistica hanno prodotto negli ultimi trent'anni una delle più
poderose moli di dati mai raccolte nel settore delle lingue veicolari. Del
resto un approccio di questo tipo in Alto Adige/Südtirol sarebbe l´unica
garanzia affinché tutti gli studenti, e non solo una piccola parte di
essi, possano affrontare la locale università che propone più del 50 %
delle materie in una seconda od in una terza lingua.
Bolzano, 11 maggio 2002
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