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Bilinguismo:
un problema da risolvere insieme
(di Flavio Rosani)
Seguo con viva partecipazione il dibattito sulla scuola mono/bi/trilingue, sia per un interesse che fa seguito al mio passato trascorso nella scuola, sia per il mio presente di padre di giovani che dovrebbero inserirsi nella realtà locale. Le novità che emergono, il valore degli interventi presentati dal giornale ( alcuni da riprendere!) le provocazioni dei bravissimi giovani de Il Ponte, di Rispoli, la proposta Gnecchi-Rauzi sono meritevoli della massima attenzione.
Vorrei a mio modo riassumere il quadro. C’è un disagio del gruppo italiano che non riesce ad acquisire in forma adeguata la seconda lingua tramite l’insegnamento della stessa limitato alle consuete ore di scuola. Non parlo di metodo tradizionale, ma di insegnamento confinato in un settore dell’attività scolastica, ove la possibilità di tempo-parola per ogni singolo studente è molto limitato. Di contro si pongono le forme di insegnamento veicolare (la lingua seconda, terza come mezzo per apprendere altro) che trovano larga diffusione in tutto il mondo e non si capisce come mai non possano essere seguite da noi. Il disagio si acuisce con la richiesta attuale di una terza lingua come mezzo sempre più necessario per essere competitivi nell’Europa unita. Si aggiunga il disagio anche nell’ambiente di lingua tedesca di periferia ove è confermata
la difficoltà di accedere alla seconda lingua-italiano per mancanza di motivazione ed uso.
Da quanto risulta sembra che ci sia un peggioramento della situazione di bilinguismo diffuso, quasi una dispersione del patrimonio di conoscenze acquisite e che può offrire certamente una situazione di vantaggio sul mercato europeo per i nostri giovani. Certo purché si mantenga ed arrivi anche la terza lingua ed anche questa in maniera diffusa.
La proposta Gnecchi/Rauzi è molto interessante anche perchè proviene da una fonte attendibile. E’ però importante per il suo successo che non parta dalla scuola superiore, perché le carenze linguistiche acquisite negli anni precedenti compromettono la possibilità di trasmettere dei contenuti significativi, anch’essi importanti. E’ pure rilevante che l’iniziativa proceda in modo coordinato e non venga lasciata alle modifiche-improvvisazioni-disponibilità dei vari collegi docenti. Già molte iniziativa meritevoli in questo settore sono state banalizzate dalla mancanza di continuità tra i vari ordini di scuola.
Certo c’è la presenza-ostacolo dell’articolo 19: ma se il problema è comune ( e lo sarà ancora di più in futuro) perché non risolverlo assieme? Purtroppo i nostri politici non hanno brillato di perspicacia in questo settore, la SVP sembra inaccessibile: eppure penso che anche il partito di raccolta del mondo di lingua tedesca sia in grado di comprendere il termini del problema, sia capace di distinguere tra conoscenza delle lingue e salvaguardi di identità varie, sia permeabile a ragionamenti che nascono non da furbizie, ma da un reale desiderio di aiutare i nostri giovani. La piccola provocazione di Rispoli si inserisce proprio in questo punto: non è un gran problema perdere un’ora di lezione (ne perdono tante!), ma è un segno di una volontà e di un desiderio di comunicare. I partiti italiani dimentichino le stupidaggini che alcuni loro esponenti han detto nei giorni scorsi e si facciano tramite tra una volontà della società che essi esprimono ( e che conoscono) ed i loro interlocutori politici. Forse anche qui ci vorrebbe un coordinamento ed un promotore di unità, tuttavia non sembra che i termini del problema possano essere fraintesi.
Faccio un augurio ai nostri giovani, italiani, tedeschi, ladini: quello di trovare negli esponenti della società in cui sono inseriti persone capaci di porsi nei loro panni ed in grado di pensare al loro futuro.
Bolzano, 20 maggio 2002
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