Sono in pochi, non contano e si
sbagliano»
L'Obmann della Svp stronca ogni progetto plurilingue:
non porta alcun vantaggio
LA SCUOLA DEL
FUTURO
di Orfeo Donatini
BOLZANO. Oggi gli studenti si ritroveranno
all'auditorium dell'Iti con la rivista «Il Ponte/Die Brücke» per
discutere del futuro della scuola altoatesina puntando molto
sull'apertura plurilingue sollecitata da quel maxicorteo dei
settemila del dicembre scorso. Ma dalla Svp arriva uno stop forte e
chiaro. Siegfried Brugger è stato categorico: «Non rappresentano
tutti gli studenti e la loro impostazione è sbagliata». Quanto
all'adesione di don Renner, l'Obmann non esita a definirla
«singolare».
Gli studenti, ma anche un folto gruppo di
intellettuali, tornano a chiedere una scuola plurilingue che superi
la cultura della separazione.
«Non sono gli studenti, ma un
piccolo gruppo e si tratta di un altrettanto piccolo gruppo di
intellettuali. Prendo atto dell'iniziativa, ma è un errore fare una
generalizzazione simile. In secondo luogo questa è un'ulteriore
iniziativa che si aggiunge a quelle degli ultimi anni. Si ripresenta
lo stesso problema già di vent'anni fa, ma ripresentandolo non lo si
rende più attuale od importante».
Questa volta c'è anche un
illustre esponente della Chiesa fra i sostenitori.
«Che poi ci si
metta anche la Chiesa questo è un fattore nuovo. Personalmente sono
per la divisione fra Chiesa e Stato e mi limito a prendere atto, con
tutto il rispetto della posizione espressa da don Renner, ma questo
non cambia la situazione. Che la Chiesa si intrometta lo trovo
comunque singolare. Spero che don Renner faccia lo stesso, con
analogo entusiasmo, anche su altri problemi come per esempio quando
si alzano i nazionalismi italiani contro di noi».
Dunque lo
considerate un attacco all'autonomia.
«Innanzitutto non è
accettabile che si parli della scuola altoatesina come se fosse una
scuola malata o cattiva. Già l'impostazione non è accettabile. Ma è
una scelta che non ha niente a che vedere con gli steccati
culturali: sono vecchie battute che abbiamo già sentito».
Una
sorta di manovra?
«E' un'azione preparata da settimane. Non
condivido l'impostazione: se mi si dice che il nostro sistema
scolastico mette su barricate e steccati, allora dico che prima di
tutto si vuol dimenticare che sono i genitori che decidono dove
mandare i loro figli, liberamente».
Dunque no alla scuola
plurilingue.
«La scuola bilingue non porta alcun tipo di
vantaggio: perché se si vuole imparare bene le lingue lo si può fare
con questa interdipendenza attuale. Prima di inventarsi nuovi tipi
di scuole cerchiamo quali metodi migliori abbiamo nella scuola
tedesca o italiana per insegnare la seconda lingua».
Cosa direbbe
agli studenti?
«Semplicemente di diffidare di ogni tipo di
strumentalizzazione».
Cosa è possibile fare da subito ad articolo
19 invariato, come avevano suggerito le conclusioni anche del
"tavolo Bressa"?
«Possiamo fare molto e stiamo facendo
moltissimo. Gli insegnanti stanno lavorando moltissimo in questa
direzione. Vi sono sperimentazioni in atto e prima di chiedere altre
cose si dovrebbe anche fare un bilancio di quello che è stato fatto.
E' molto superficiale dire che è "venuto il tempo"».
Perché
invece, secondo voi, la situazione dovrebbe restare di rigorosa
separazione?
«Perché mai. Intanto non è rigida perché c'è la
massima libertà dei genitori su dove mandare i loro figli a scuola.
Nella nostra realtà questo sistema dimostra che è molto efficace.
Qual è il motivo principale per il quale dico che la scuola bilingue
non porta alcun vantaggio: perché imparando contestualmente le due
lingue la tua lingua madre non riesci ad impararla. Invece qui prima
si apprende bene la tua cultura nella madrelingua e poi riesci
meglio a comprendere anche le altre lingue e le altre culture. Altro
che steccati: qui non c'è alcuna guerra culturale».
Temete forse
l'avvio di una forma di reale integrazione?
«Se lo temessimo
chiuderemmo le scuole tedesche: invece non succede così. La reale
integrazione non è il problema sul tappeto. Invece le diversità
culturali debbono interagire arricchendo il bagaglio di ciascuno. E
questo dipende dagli uomini, non dalla politica».
L'università
però è plurilingue.
«E' vero, ma è un altro discorso: qui gli
studenti sono già formati e allora è giusto che vi sia questa
offerta altamente qualificante e poi non è fatta solo per noi, ma
anche per studenti che vengono da fuori».