Le polemiche intorno alla scuola ad immersione non finiscono mai. Né mai finiranno, finché non ci sarà l'onestà intellettuale di affrontare il problema nei suoi termini reali e di chiamare le cose col loro nome. Per farlo, è indispensabile ritornare alle «Linee SEGUE A PAGINA 46 guida per l'insegnamento del tedesco nella scuola italiana», approvate dalla Giunta provinciale ed entrate in vigore con l'anno scolastico 1998/99. «Linee» tanto citate, quanto poco conosciute. Esse prevedono la possibilità per le scuole italiane di aumentare da sei a dieci le ore settimanali di tedesco nelle scuole elementari, da sei a nove nelle scuole medie e da quattro a sei nelle scuole superiori. Ma non è tutto. Le scuole possono anche decidere di svolgere, per la durata di tre settimane (per 30/33 ore alla settimana) tutte le attività didattiche in tedesco: il che significa altre 99 ore in tedesco all'anno in più (90 per le elementari). Riassumiamo: secondo le «Linee guida», le scuole elementari e le scuole medie inferiori potrebbero dunque richiedere di passare, dalle 204 ore in tedesco all'anno attualmente previste per le scuole elementari e medie inferiori, a 400 ore annue per le elementari ed a 378 per le medie; le medie superiori, dalle attuali 136 ore all'anno a 285. Un aumento del cento per cento.
Le «Linee guida» della Giunta sono di cinque anni fa. Che uso hanno fatto le scuole italiane della possibilità di raddoppiare le ore in tedesco? Un aumento c'è stato in circa la metà delle scuole elementari, anche se meno di quanto consentito dalla delibera della Giunta, e non in tutte le classi. Lo stesso è avvenuto in circa un terzo delle scuole medie inferiori. Nelle medie superiori, invece, l'orario settimanale di tedesco, con qualche eccezione, è rimasto sostanzialmente invariato. L'unica scuola che finora ha utilizzato al massimo la possibilità aperta dalle «Linee guida» è, significativamente, una scuola privata: l'Istituto «Marcelline». Dove, non a caso, c'è subito stata un'impennata delle iscrizioni. Non intendo certo colpevolizzare le scuole italiane, se in questi cinque anni hanno utilizzato in modo ancora troppo limitato le potenzialità aperte dalle «Linee guida». La scuola è un organismo delicato e complesso. Il raddoppio delle ore di insegnamento in tedesco comporta problemi didattici e culturali di non semplice soluzione. Si aggiunga che, in questo momento, non sarebbero neppure disponibili tutti gli insegnanti di madre lingua tedesca necessari per un'estensione generalizzata della sperimentazione. Ma sarebbe ipocrita fingere di dimenticare, come si è fatto invece finora, il vero motivo della mancata utilizzazione di tutte le possibilità aperte dalle «Linee guida». Un tipico motivo occupazionale, volendo chiamare le cose col loro nome.
Se si aumentano su larga scala le ore in tedesco nelle scuole italiane, debbono infatti diminuire in proporzione quelle in italiano: dunque, debbono diminuire anche i posti di lavoro degli insegnanti di lingua italiana. Così è avvenuto, del resto, in tutti i Paesi che molto prima di noi hanno affrontato problemi analoghi: nel Québec, nei Paesi Baschi, in Finlandia, in Catalogna. Nella nostra provincia, al contrario, si evita in tutti i modi di affrontare apertamente il problema. Più esattamente: per aggirarlo, si è escogitata la cosiddetta compresenza dei docenti: un metodo salva-occupazione, travestito da metodo didattico. Sarà bene dire subito che la compresenza non esiste da nessuna parte del mondo all'infuori della provincia di Bolzano. Neppure nei Paesi sopra ricordati, dove funzionano da decenni le scuole ad immersione. Dove, aumentando le ore insegnate nella seconda lingua, sono diminuiti in proporzione i posti degli insegnanti che hanno la stessa lingua madre degli allievi
Nella nostra provincia, invece, quando aumenta un'ora insegnata da insegnante di madrelingua tedesca, l'insegnante di lingua italiana non perde l'ora corrispondente, perché continua a insegnarla in compresenza con un insegnante di un'altra materia. Col risultato che quelle ore costano il doppio. Questi doppi costi, finora non rilevanti perché riguardano un numero ancora limitato di classi, non possono più essere ignorati, ora che la Sovrintendenza scolastica ha lanciato l'iniziativa - in sé sicuramente positiva - di promuovere l'aumento delle ore in tedesco e in inglese in un maggior numero di scuole.
Di questo essenziale problema dei costi si continua invece a non parlare. Così come continua a restare nell'ombra il problema rappresentato dalla compresenza. Un'invenzione esclusivamente locale non solo costosa, perché raddoppia il costo delle ore, ma anche inutile, perché priva di reali giustificazioni pedagogiche. E anche dannosa, probabilmente, per le ulteriori difficoltà organizzative che essa comporta.
Le autorità scolastiche e politiche competenti debbono dunque affrontare queste problematiche in modo aperto, abbandonando i silenzi del passato. Tanto più che anche la questione occupazionale (di cui nessuno nega l'importanza), può essere risolta in modo graduale e responsabile, senza che nessun insegnante attualmente in servizio debba temere di perdere il suo posto di lavoro.
Le linee guida del 1997
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