BOLZANO. È stato un vero plebiscito per la scuola trilingue. Il dibattito organizzato dal consorzio altoatesino istruzione e formazione superiore alla Camera di commercio ha visto gli interventi di esperti come il rettore dell'università Drumbl, il linguista Kurt Egger e la studiosa Elizabeth Jankovski. L'invito di tutti è stato quello di sperimentare, di insegnare ai bambini le lingue, di più e prima.
«Trattare l'impossibile come se fosse possibile». Citando Goethe, Johann Drumbl ha invitato le scuole «a fare un passo oltre, a fare finta che le divisioni politiche non esistano e mettersi al lavoro per anticipare il futuro».
Drumbl ha indicato l'incertezza linguistica come una delle cause maggiori che condizionano alcune scelte in merito alle scuole tedesche, Kurt Egger ha spiegato che la paura del «semilinguismo» è assolutamente ingiustificata.
«Il "semilinguismo", ovvero la conoscenza solo parziale della prima e della seconda lingua, è un concetto coniato dai politici, più che dai linguisti: come afferma l'Ue nel suo libro bianco, l'insegnamento precoce e l'apprendimento di determinati argomenti nella seconda o terza lingua sono tra i metodi educativi più innovativi».
Egger ha elogiato la proposta dell'assessora Kasslatter-Mur di insegnare l'italiano già in prima elementare sottolineando come la scuola italiana dal punto di vista delle sperimentazioni linguistiche sia più avanti rispetto a quella tedesca. Egger ha poi invitato a puntare sul trilinguismo: «In questo modo - ha affermato - potremmo evitare molti conflitti. Pensiamo alle scuole ladine oppure all'università trilingue che ha avuto molto più pubblicità della "Claudiana", che è bilingue».
Anche Elizabeth Jankovski, docente presso l'università di Verona, ha giudicato positivamente il progetto di scuola trilingue: «I bambini possono imparare senza problemi più lingue. Inoltre, conoscendo più lingue ampliano le loro capacità di comunicazione».
A chiudere la tavola rotonda è stata Rosetta Fronza, preside delle Archimede e "pioniera" per numerose innovazioni riguardanti l'apprendimento della seconda e della terza lingua. «Sono le scuole, indipendentemente dalle istituzioni, che devono farsi carico di inventare nuovi sistemi formativi e di intraprendere percorsi alternativi mantenendo sempre aperto e costante il dialogo con le famiglie».
Il giudizio unanimemente positivo degli esperti è stato preso al balzo anche dal mondo istituzionale della scuola italiana, deciso più che mai a spingere un progetto che trova ancora molte contrapposizioni.
«La nostra realtà - ha esordito la sovrintendente scolastica Bruna Rauzi - arriva dall'esperienza difficile dell'apprendimento della seconda lingua. È un'esperienza sulla quale bisogna costruire, perché ci permette di partire da uno scalino più alto rispetto agli altri».
L'assessora alla scuola italiana, Luisa Gnecchi, ha sottolineato come il bilinguismo "passivo" non basti. «Bisogna saper anche comunicare, non solo comprendere». Sulle resistenze della scuola tedesca in merito all'insegnamento del'italiano, il commento della Gnecchi è lapidario: «Se ritengono che due ore minino la loro identità, allora significa che alla loro identità danno scarso valore».
Luigi Cigolla, assessore alla cultura, ha invece ribadito quanto sia importante la conoscenza reale della seconda lingua. «Il patentino di bilinguismo è un certificato che si può perseguire, ma la padronanza della lingua è altra cosa. I nostri giovani devono essere veramente bilingui, l'Alto Adige aspetta solo questo».
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